L’adulto in Parrocchia. Sarà possibile?

Una situazione incerta, un colpevole ritardo

La storia della riflessione sulle finalità della catechesi con adulti (=CA) in Italia è facilmente descrivibile[2] come è facile descrivere l’evoluzione del rapporto tra adulti e comunità parrocchiale. Assistiamo ormai da anni a due fenomeni contrapposti: la rapida crescita e successo pastorale dei movimenti e associazioni, e la speculare progressiva incapacità della parrocchia ad essere riferimento per la esperienza adulta della fede. La parrocchia ha perso la sua occasione tra gli anni 70 e 80 del secolo passato quando le diocesi hanno avuto paura a realizzare nuove forme di aggregazione dentro le parrocchie[3] accogliendo molto freddamente le diverse esperienze di comunità ecclesiali di base. Non si è quindi pienamente realizzato il testo conciliare sulla identità, compiti e figure della parrocchia indicato da SC 42 e le indicazioni successive di Ch. L. 26-34.

Contemporaneamente, invece, si offriva aperto sostegno ai nuovi movimenti di vita cristiana il cui successo è legato ad alcuni “privilegi”. Innanzitutto la ministerialità centrata non più sul parroco ma sulla carismaticità dei catechisti laici. Questo ha un peso notevole soprattutto nella continua situazione di discontinuità missionaria creata dal cambio di guida della comunità[4]. In secondo luogo la possibilità di non farsi carico della pastorale generalista ha permesso l’offerta di percorsi basati sulla libera richiesta di crescita di fede. In terzo, e decisivo, luogo la possibilità di presentare l’annuncio e la vita cristiana secondo una personalizzazione carismatica, una spiritualità, che risultasse più convincente e vicina ai diversi bisogni religiosi delle persone.

Questo ha permesso una incisività nuova alla missione che si configura come un ardore nuovo derivato da un messaggio nuovo. Al contrario le parrocchie appaiono il luogo del già conosciuto e dell’annuncio missionario già scontato. Le recenti discussioni sui soggetti della Nuova Evangelizzazione sembrano marginalizzare le parrocchie a cui dalla lettura anche dei documenti italiani appare essere affidato l’incarico di occuparsi degli adulti solo come primo livello di formazione con lo scopo di sostenere la loro appartenenza religiosa e mantenere il loro impegno nella trasmissione della fede.

Questa situazione avvalora la tesi della fine di una certa civiltà parrocchiale[5] che conferma l’immagine di un disinteresse[6] della chiesa verso l’istituzione parrocchiale come luogo di qualità della esperienza della fede.

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