R. Fisichella, Guida alla Lettura, in Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, Direttorio per la Catechesi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2020, 5-38.
La seconda parte della preziosa Guida alla lettura del nuovo Direttorio per la Catechesi (2020 =DPC) di Mons. Fisichella è dedicata a descrivere le Fondamenta che hanno guidato la redazione del documento (pp. 16-25). Mons Fisichella è Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, istituzione responsabile della catechesi nella chiesa (in precedenza era compito della Congregazione per il Clero), ed è riconosciuto teologo. Il testo si articola in due affermazioni.
Sicuramente la vera novità di DPC è il forte utilizzo del termine mistagogia. Ma utilizzato troppo vicino a catecumenato viene a significare il metodo del catecumenato: come a dire che i passaggi catecumenali sono mistagogici nel senso che hanno come contenuto le dimensioni della fede cristiana. In questa prospettiva (che ha un indubbio valore!) non si comprende bene chi aiuta chi e come? Ritorna centrale la questione trasformativa o….pedagogica
1. Criterio e ispirazione fondamentale.
L’A. afferma che le fondamenta cioè gli orientamenti generali di DPC sono in EG, che egli legge nella continuità di temi e prospettive con EN. Più esattamente si trovano nei nn. 164-168 di EG e cioè il primato del kerygma della persona di Gesù Cristo come novità offerta ad ogni generazione per raggiungere il senso della vita (p.17). La parola che oggi reinterpreta tale annuncio è misericordia, è quindi il kerygma della misericordia. Di conseguenza la catechesi è “esperienza del catecumenato come esperienza del perdono offerto e della vita nuova di comunione con Dio che ne consegue” (p. 17). La centralità del kerygma va intesa in senso qualitativo; è primo annuncio sempre riproposto.
2. Le tre declinazioni kerygmatiche.
Questa prospettiva è presentata soprattutto come orizzonte che rimodella la catechesi e le sue finalità; un orizzonte che comporta tre opzioni di metodo o tre vie fondamentali.
2.1. In primo luogo la scelta della mistagogia “che significa essenzialmente due cose: la necessaria progressività dell’esperienza formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana (pp. 19-20). L’autore lamenta come molti manuali e proposte pastorali non hanno recepito questa impostazione. Si presenta quindi come innovazione. In effetti DGC 1997 aveva dato poco spazio alla mistagogia segnalandola semplicemente come quarto momento del processo iniziatico. DCG 1971 non conoscere neppure la parola. Sembra che per Mons. Fisichella la mistagogia sia la finalità del catecumenato; in ogni caso le due dimensioni si intersecano continuamente. “La mistagogia è una via privilegiata da seguire, ma resta obbligatoria. Non è affatto opzionale nel percorso catechetico, perché inserisce sempre più nel mistero che si crede e si celebra”… “Nel Direttorio, quindi, la mistagogia si inserisce giustamente all’interno di quel percorso di ispirazione catecumenale che taglia trasversalmente la catechesi (cf nn. 35.63-64)” (p.21).
In questa dinamica mistagogico-catecumenale “la conversione trova … il suo significato più espressivo…Essa viene colta non come un atto magico di un rito esterno e privo di significato, piuttosto come una disponibilità ad accogliere in sé la grazia che trasforma, permettendole di agire senza porre ostacoli (pp. 21-22). Abbiamo quindi una identificazione tra processo di conversione e processo di crescita nella risposta di fede. Si potrebbe dire che si uniscono nel catecumenato-mistagogico sia la prima conversione che la conversione profonda o permanente.
2.2. In secondo luogo, sempre seguendo EG 167, per sostenere il servizio della catechesi al kerygma si suggerisce la via pulchritudinis (p. 22-23) perché la fede non è solo una cosa vera e giusta, ma anche bella. Sembra di capire che la bellezza venga intesa come espressione sintetica della dimensione emotiva-affettiva della persona. La via della bellezza potrebbe avere una forte efficacia nella catechesi e per questo DPC ha posto la via della bellezza come una delle “fonti” della catechesi (cf nn.106-109)”.
2.3. La terza scelta o via che permette sia la comunicazione che l’accoglienza del kerygma è la testimonianza (pp. 23-25; cf. EG 168\\EN 21). “La catechesi è un inserimento progressivo nel mistero della fede. Questa connotazione non può essere delegata a una sola dimensione della fede o della catechesi. La teologia indaga con gli strumenti della ratio il mistero rivelato. La liturgia celebra ed evoca il mistero con la vita sacramentale. La carità riconosce il mistero del fratello che tende la mano. La catechesi, alla stessa stregua, introduce progressivamente ad accogliere e vivere il mistero nell’esistenza quotidiana” (p. 25). Questa visione di testimonianza è cara a Mons. Fisichella che accanto al dato soggettivo e carismatico, ne sottolinea sempre la dimensione oggettiva ed ecclesiale.
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Percepiamo in queste pagine un grande sforzo di sintesi del recente cammino della catechetica. Innanzitutto un riequilibrio tra la prospettiva iniziatica di DGC 1997 (dedotta pari pari da OICA-RICA 1972) e quella catecumenale-mistagogica di DPC. Iniziare è una finalità, catecumenato e mistagogia sono pedagogie. Avvertiamo anche un maggiore equilibrio tra trasmissione-comunicazione e dimensione personale dell’atto di fede. Una visione che sottolinea plasticamente come il compito della catechesi sia la formazione e accompagnamento della trasformazione del credente e non il solo primo annuncio.
Andranno approfondire tuttavia anche alcune incertezze catechetiche. Bisognerà decidere il ruolo della conversione. DPC si riferisce globalmente sia alla prima che alla conversione permanente, che aveva ispirato il modello di DCG 1971. Questo pone alcuni interrogativi: chi si occupa della prima conversione? Che rapporto c’è tra i due momenti, sapendo che in pratica la catechesi si realizza quantitativamente nell’età dell’infanzia e prima adolescenza? Inoltre, chiarita la natura teologica di conversione, quale interpretazione antropologica si richiede al fine di comprendere bene cosa sia catecumenato e mistagogia? Si possono questi (catecumenato e mistagogia) dedurre solo dal linguaggio misterico (dei misteri cristiani)?
Infine forse si dovrà ulteriormente chiarire il termine mistagogia. Sicuramente la vera novità di DPC. Infatti troppo spesso sembra essere inteso come equivalente di catecumenato-catecumenale. In senso stretto mistagogia si riferisce alla capacità di tradurre in esperienza una verità o principio; una operazione cioè del soggetto. Utilizzato troppo vicino a catecumenato viene a significare il metodo del catecumenato: come a dire che i passaggi catecumenali sono mistagogici ma nel senso che hanno come contenuto le dimensioni della fede cristiana. In questa prospettiva (che ha un indubbio valore!) non si comprende bene chi aiuta chi e come? Ritorna centrale la questione trasformativa o….pedagogica
Mi sembra che le terminologie usate ed anche i concetti espressi siano difficilmente comprensibili, o comunque di facile lettura, da parte di un pubblico “normale”. Credo che se non ci semplifichiamo nelle espressioni ed anche nell’approccio al lettore… il tentativo di comunicazione risulti poco comprensibili e non molto accattivante. Ergo rivolto solo ad addetti ai lavori e non al pubblico che ne avrebbe necessità. Angelo Sandri (Cervignano del Friuli/UD)
Condivido. Credo che la questione del linguaggio vada vista da diversi punti di vista. La semplificazione, gli strumenti di comunicazione, la oratoria e soprattutto dei significati da rinnovare