La responsabilità dell’annuncio. 5. Necessità di una nuova «pastorale di annuncio»

Quando la pastorale è evangelizzante?

Su questo interrogativo circolano troppi equivoci.

Troppo spesso la NE è presentata solo come questione di nuovo ardore e di nuovi metodi. La NE trova la descrizione della sua natura e compiti nella evangelizzazione. La novità a cui dare risposta – come già indicano precedentemente – è nel rapporto tra messaggio e valore teologico della cultura contemporanea. La novità è scritta (almeno) nell’aggiornamento del Vaticano II.

Gli studi biblici sulla missione ed evangelizzazione chiariscono che la predicazione NT mette in evidenza un nucleo centrale e progressive attualizzazioni. Il nucleo è rappresentato dall’annuncio del regno e della sua giustizia. Questo annuncio è il Vangelo e a partire da esso si riflette sulle diverse dimensioni della fede e della vita cristiana.

Si evangelizza, quindi, quando non si parla subito delle conseguenze teologiche, apologetiche, sacramentali, etiche, spirituali, sociali, istituzionali, etc. Il missionario, l’evangelizzatore, gli operatori pastorali, aiutano la conversione missionaria della pastorale quando si fanno carico di un duplice processo ermeneutico. Da una parte “evangelizzare” significa separare tutto quello che precede la «tradizione»: teologia, sacramenti, liturgia, morale, spiritualità, dogma, apologia, per recuperare il messaggio centrale. Dall’altro lato è “evangelizzante” tutto quello che da significato «nuovo» alla tradizione o meglio che permette una nuova tradizione. Si annuncia infatti quando si “trasmette” il seme del Vangelo di Gesù lasciando che produca il suo frutto (pratica della inculturazione).

Un secondo equivoco sulla pastorale di NE riguarda la pratica di testimonianza. Il termine viene usato troppo spesso come equivalente di “ardore” sconfinando in pratiche di proselitismo. Soprattutto perdendo lo spessore teologico e spirituale della stessa.

La testimonianza si riferisce a Gesù che il testimone del Padre attraverso la scelta di farsi servo della pratica messianica. È testimone con le sue azioni e con le sue parole. Per questo fu ucciso come ogni profeta scomodo. Riguarda quindi la questione della profezia nella storia. Testimoniare è annunciare il disegno di Dio nella storia di una comunità in un tempo. È giudizio e misericordia. In ultima analisi è esercizio della profezia battesimale o lettura dei segni per i tempi.

La testimonianza richiede la qualità di vita del soggetto che annuncia. Non è separabile come potrebbe avvenire se pensiamo la evangelizzazione immediatamente come tradizione (teologica, liturgica, morate etc.).

Da ultimo non si deve pensare la testimonianza come azione prevalentemente di un singolo. Essa è per sua natura esercizio “comunitario” della fede. Essa si vede nella progettualità della comunità, nella lista degli impegni che essa si assume di fronte al mondo. È discernimento.

 

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