1. Sia a livello sociale (Censis 2007) che ecclesiale cresce l’esigenza di riferirsi alla scienza pedagogica per dare risposta alla mancanza di identità dei diversi soggetti umani. Anche nella chiesa ha preso piede una densa riflessione sulla natura pedagogica “nella via della santità” dei suoi soggetti (cf. le riflessioni di Giovanni Paolo II: Christifideles laici, Pastores dabo vobis, Vita consacrata, le recenti indicazioni di Benedetto XVI, autori, esperienze ecclesiali e associazioni teologiche…).
L’inserimento di tale dimensione (che non proviene dalla tradizione ecclesiale) non è sempre facilmente accolta. Spesso viene osteggiata preferendo una “presunta” autonoma pedagogia cristiana.
2. La riflessione si esprime attraverso una pluralità di termini: istruzione, socializzazione, acculturazione, educazione, formazione. Tale pluralità ci aiuta a comprendere la complessità di questo ricorso e l’ “incerta” definizione di formazione. Questo ci porta a dare una definizione provvisoria del termine “formazione” nei termini di: processo intenzionale, frutto di accordo reciproco e progressivo tra i diversi soggetti implicati, che ha come scopo quello di sviluppare competenze specifiche, cioè una trasformazione visibile misurabile, all’interno della finalità più ampia della istituzione che promuove tale formazione.
Ecco perché si preferisce utilizzare il termine più complesso educazione-formazione che permette di individuare sia l’elemento personale che sociale…