Crisi della pastorale come crisi formativa2 La persona via della pastorale

Nel precedente Crisi della pastorale come crisi formativa?esprimevo l’opinione che un primo fattore della crisi della pastorale derivi dall’esaurimento o relativizzazione della narrazione della fede codificata nel Concilio di Trento. Facevo questa affermazione a partire dalla definizione della religione come linguaggio fatta dalla Scienze Umane (=SU).
Tuttavia le SU aiutano comprendere anche una seconda riflessione circa la crisi pastorale. Sempre a partire da quanto è avvenuto nella modernità riaffermo l’ipotesi è che il “modello di produzione” non sia adeguato alla presa di coscienza del destinatario dell’azione pastorale perché è tutto centrato sull’obiettivo di mantenere la correttezza (ortodossia) dell’informazione piuttosto che sulla relazione che si deve stabilire al fine di interiorizzare il messaggio stesso.
Qui in discussione non è il racconto che appare dissociato dalla cultura, ma il fatto che qualsiasi racconto o cultura sarebbe formalizzato (rimarrebbe estraneo) alla persona se il suo processo formativo prescindesse dalla persona come soggetto e via principale. In altri termini la finalità (prodotto) della interiorizzazione e trasformazione (assimilazione di competenze) dovrebbe essere oggi la logica da assumere nella preoccupazione di riadeguare il sistema formativo ecclesiale.
Sicuramente siamo tutti disposti a rispondere che sia il medium comunicativo “chiesa” a non essere adeguato. Ma qui è il punto. Quando affermiamo di essere disposti a modificare il modo di essere comunicativi della chiesa intendiamo che dobbiamo solamente trovare modalità di comunicazione diverse? Questo modo di pensare il problema non tiene conto che la comunicazione avviene tra soggetti di pari dignità. Il cosiddetto “destinatario” della azione pastorale è una persona. È la persona che è chiamata a prendere posizione nel primo annuncio; è la persona che – analogamente – deve crescere nella proposta cristiana. Il soggetto della crescita o della non crescita è la persona.
L’intero rapporto tra proposta e accoglienza si gioca all’interno della dinamica della identità personale (si comprende che qui non vogliamo discutere se l’identità si costruisce nella relazione o nell’autoaffermazione). Questa realtà è stata accentuata con lo sviluppo antropologico della modernità come si è delineata in occidente. Il processo di crescita della persona umana ha maturato una coscienza di soggettività e di libertà individuale che non può più essere disconosciuta.
Il passaggio, da quanto detto, al termine “formazione” è facile. Questo termine sta assumendo nella chiesa uno spessore notevole. Esso viene a significare appunto, un nuovo rapporto tra la Chiesa Madre e gli iniziati-discepoli. È attraverso la formazione che, in questo contesto di pluralità e soggettività, è possibile “autenticare” la libertà delle persone perché giungano alla adesione al Vangelo e ridefiniscano la propria esistenza secondo l’esperienza cristiana.
La formazione va compresa dunque come via/strumento di evangelizzazione e crescita della comunità.
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