Desiderio di riforma

3. Il futuro della chiesa.

La riflessione dei teologi[14] negli anni seguenti il concilio è andata generalmente in una duplice prospettiva. Da una parte troviamo riflessioni e proposte che nascono dalla presa di considerazione della fine della cristianità e del grave disagio che la chiesa incontra nei confronti della cultura moderna e post-moderna. Dall’altra gli autori sottolineano la necessità di un cambio strutturale nella articolazione storica della chiesa. (In verità le due prospettive si incrociano continuamente). Ma non sono mancate voci che perseguono nella linea di una riaffermazione dell’identità ecclesiale e nella difesa della tradizione della fede. Non è difficile vedere qui lo stesso schema che R.Gibellini propone per la interpretazione della teologia del ‘900.[15]

In ordine alla riflessione sulla fine del modello di cristianità legato al modello costantiniano molto influsso ebbe in Italia la posizione di E. Balducci del 1964.[16] da una parte egli invita la chiesa a riconsiderare alcuni temi culturali propri della modernità e dell’altra invita la prassi pastorale a superare la “dissociazione oggettiva” esistente tra missione ecclesiale e cristocentrismo. Seguendo la riflessione sulla cristologia storica iniziata da K. Adam egli può riconoscere che la mentalità religiosa ha perso il senso teologico dell’incarnazione e di conseguenza si è divaricata la pietà liturgica da quella privata. Mentre nella liturgia il centro è l’umanità di Cristo mediazione di salvezza, la pietà privata esalta solo l’aspetto divino. Questa divaricazione fa diminuire il valore del sacerdozio universale di Cristo [comune dei fedeli?], l’unione dei credenti nell’umanità di Cristo, il legame tra Gesù storico e realtà cosmica. Il vuoto lasciato dalla mancanza di umanità si ricompone con l’affermazione degli aspetti istituzionali, il culto dei santi la cui mediazione viene cercata senza il riferimento a Cristo.

Le indicazione di K. Rahner per il futuro della fede sono un punto di riferimento costante di molti autori. Egli sottolinea l’urgenza di una riforma della chiesa fondata sul carattere minoritario, declericalizzato, nello stile del “piccolo gregge”. Una chiesa che nasce dalla base e capace di affrontare lo stile democratico sarà anche capace di svolgere il suo fondamentale ruolo critico verso la società.[17] La sua riflessione pastorale prende inizio dalla “analisi della situazione” della cultura contemporanea[18] che lo portano ad affermare che la chiesa non può più contare su una “omogeneità culturale e sociale” che sostenga la sua missione. Occorre decisamente andare verso la strada del cristianesimo di scelta: la situazione è quindi di trapasso da chiesa di popolo ad una chiesa comunità di credenti che liberamente si distaccano dalla opinione e dalla vita della società (p.31). Dalla chiesa di popolo alla chiesa di credenti.[19] L’invito ad una cristianità dinamica non deve significare opzione per “un piccolo gregge” ritirato: nel futuro la chiesa sarà un piccolo gregge ma questo non va inteso come setta chiusa che resiste e proclama la stoltezza della croce, come un ghetto. Ne deriva una chiesa che rivede i ruoli e la selezione della ministerialità, una autorità declericalizzata, un ampio sviluppo del laicato, una chiesa in stato di servizio e dalle porte aperte. Solo così la chiesa potrà svolgere il suo compito fondamentale: la critica alla società.

Sulla linea di un coraggioso confronto con la modernità e di un cambio strutturale della chiesa va ricordato lo studio di Kaufmann e Metz.[20] Kaufmann afferma la irreversibilità della crisi generata nel modello ecclesiale dalla secolarizzazione della cultura moderna.[21] Il futuro della missione ecclesiale va dunque giocato in primo luogo nel rapporto con la secolazzazione che va intesa come cifra comprensiva della modernità e per tale incontro egli individua alcune scelte: la risposta alla sfida del policentrismo culturale ; il policentrismo come opzioni per i poveri e opzioni per gli altri; il movimento di ricerca come metodo; il recupero della soggettività nella esperienza di chiesa. Temi molto vicini alle “vie” che questo convegno vuole indagare.[22] Metz aggiunge a tale riflessione la persuasione che per tale obiettivo sia necessaria una riforma della chiesa in favore del decentramento e delle comunità ecclesiali di base.

Occorre ricordare lo sforzo di comprensione realizzato da G. Lafont.[23] Il suo giudizio è netto: occorre immaginare una nuova immagine di chiesa e per far questo occorre capire la crisi della chiesa dentro la crisi della modernità e capire cosa sia successo quando si è rotto il legame tra fede e cultura proprio della chiesa antica. La chiesa non si è saputa liberare dai vincoli religiosi e politici che non erano essenziali. Si è ripiegata in se stessa tesa a difendere la sua natura gerarchica. Neppure la Riforma luterana ha risolto il problema del rapporto tra modernità e fede. Il New Age e il pensiero debole non sono una risposta valida, ma non si riuscirà a dare senso alla affermazione cristiana con la “riaffermazione, autoritaria e venata di autoritarismo, dell’identità cristiana” (pp.7-11). Anche le sue prospettive sono chiaramente definite: si tratta di riprendere l’analisi del conflitto modernità e gerarchia, capire l’ispirazione soggiacente alle forme istituzionali della chiesa nel secondo millennio e conservate dalla chiesa; indicare le linee del Vaticano II per tale superamento. Operata tale lettura e preso atto delle indicazioni del concilio occorre fare un lavoro di “immaginazione teologica” su: statuto del matrimonio e divorzio; autonomia relativa della vita religiosa nella chiesa; iniziative locali in ordine alla missione; catechesi e liturgia; autonomia della teologia; collegialità dei vescovi; celibato sacerdotale; reale magistero; riforma del ruolo di Pietro.

Sulla medesima modulazione del rapporto: confronto culturale con la modernità-ricerca di forme strutturali nuove si muove anche la riflessione di M. Kehl.[24] Per capire la situazione o contesto culturale occorre accettare come chiave ermeneutica della situazione la necessità di operare per una transizione e non il mantenimento della attuale forma della chiesa. I conflitti che si avvertono dentro la chiesa sono il chiaro segno di un rapporto non chiarito tra chiesa e modernità. La comunicazione disturbata tra i credenti, la insoddisfacente prassi di comunione, lo squilibrio che si avverte tra chiesa universale chiesa particolare sono proprio il segno che la chiesa contemporanea non riesce a fare tesoro delle conquiste culturali della modernità. Le prospettive vanno verso una considerazione più profonda del modello di chiesa che dovrà ispirare la prassi ecclesiale.[25]

Affermazioni simili sull’importanza di un nuovo e positivo confronto con la modernità e la secolarizzazione troviamo nei saggi di P. Valadier[26], A. Riccardi[27] e in molti interventi di autori[28]. Centrato direttamente sul dibattito tra superamento della modernità e cristianesimo e su alcuni aspetti della cultura contemporanea è il testo di B. Forte.[29]

In una prospettiva differente e tesa a mantenere un modello di cristianità che si difende dalla cultura più che a dialogare con essa si collocano altre riflessioni. Il Card. Ratzinger[30] sembra avere come criterio fondamentale la difesa della chiesa in quanto istituzione. Egli afferma con decisione che la radice della crisi è la differente idea di chiesa (pp. 45-54) e soprattutto la perdita dell’idea che la chiesa è opera di Dio: “dietro la facciata umana sta il mistero di una realtà sovraumana sulla quale il riformatore, il sociologo, l’organizzatore non hanno alcuna autorità per intervenire”. In questo modo anche la cristologia perde il suo riferimento a Dio. Questo riferimento al divino fonda il ruolo della gerarchia e il concetto autentico di “obbedienza”. La chiesa non è democrazia, ma realtà sacramentale e “la successione apostolica è condizione indispensabile per raggiungere la forza, la realtà del sacramento” (p. 49). Se si perde questo riferimento tutto rischia di essere arbitrario.[31] Nei due volumi il cardinale mostra di riconoscere tutti i temi del dibattito in corso sul futuro della chiesa e di trattare ogni tema nella prospettiva indicata precedentemente. A questa prospettiva si può riferire anche il testo di A. Maggiolini.[32]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci »
Torna in alto