Ringrazio la dott.ssa STEFANIA CAREDDU, giornalista di Avvenire, che ha sintetizzato con competenza e rispetto il mio intervento alla 11a Settimana di Spiritualità missionaria ad Assisi il 30 agosto scorso.
Di seguito il testo del suo articolo pubblicato sabato 31 agosto
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Si conclude oggi la Settimana di formazione e spiritualità ad Assisi dedicata ai missionari laici e non Ieri l’intervento di don Meddi: «Annunciare il Vangelo non in un contesto dove la comunicazione è unidirezionale, ma laddove tutti hanno diritto di parola»
Nel mondo», ma soprattutto «per il mondo» e «con il mondo». È questo il nuovo orizzonte della pastorale missionaria, quello su cui si gioca la partita presente e futura dell’efficacia e della credibilità. «Il mondo non è da intendersi come destinatario della missione quanto più come via per la missione», ha spiegato don Luciano Meddi, docente ordinario di catechetica missionaria alla Pontificia Università Urbaniana, sottolineando che «il mondo non è dunque solo il luogo o lo spazio dove entra una salvezza “esterna” che lo supera e lo annulla, ma una salvezza “per” e “a vantaggio” del mondo stesso».
La penultima giornata della Settimana nazionale di formazione e spiritualità missionaria promossa dall’Ufficio per la cooperazione tra le Chiese della Cei e dalla Fondazione Missio ha messo l’accento sulla «pratica», cercando di trovare piste e strategie per una pastorale missionaria rinnovata, alla luce di quanto messo in evidenza dalla Costituzione conciliare Gaudium et Spes.
Secondo don Meddi, infatti, il futuro della missione «chiede di avere un protocollo per agire in modo efficace» in un contesto in cui si trovano a lavorare insieme diversi soggetti missionari come ministri di altre religioni, strutture della cooperazione internazionale, associazioni culturali territoriali e agenzie formative. La missione, ha detto il sacerdote, «si lascia aiutare dal mondo per svolgere il suo compito e collabora alla realizzazione del desiderio e volontà di Dio con il mondo».
«Dal mondo – ha osservato il teologo – riceviamo i linguaggi che ci vengono dai saperi e dalle scienze umane e che ci aiutano a interpretarlo. E nel mondo incontriamo inoltre molti collaboratori, cioè uomini e donne che nelle diverse società si dedicano a portare avanti la volontà di Dio».
Interagire con agenzie non ecclesiali, ha osservato don Meddi, comporta però alcuni timori: «Oltre alle tradizionali difficoltà di tipo relazionale, c’è la paura di perdere la propria identità e di essere strumentalizzati a fini politici o conomici». E poi, ha aggiunto, «c’è la paura più profonda, più vera, che è quella di non riuscire ad annunciare
il Vangelo». Per il teologo, «occorre imparare a dire il Vangelo in un contesto di comunicazione non unidirezionale, ma dove tutti hanno diritto di parola». E questo è fondamentale per «non perdere lo specifico della nostra missione che non consiste solo nell’incoraggiare le cose buone che avvengono nel mondo, ma nell’annunciare il Vangelo che è molto di più».
Sulla traduzione pratica delle indicazioni ricevute durante la Settimana (con le relazioni di teologi ed esperti introdotte ogni giorno dalla Lectio Divina proposta dal biblista Luca Moscatelli) i 165 partecipanti al Convegno si sono cimentati già nel pomeriggio di ieri, che è stato interamente dedicato ai laboratori. Lavorare insieme, liturgia e spiritualità, mondo e culture nell’iniziazione cristiana e capire la presenza di Dio nelle persone sono stati i temi guida dei diversi workshop che avevano l’obiettivo di approfondire gli spunti teorici e di trasformarli in principi operativi, schemi, prassi. L’appuntamento, che si chiude oggi nel significativo scenario di Assisi, voleva infatti riflettere su come essere missionari negli ambienti di vita locali e internazionali.
In altre parole, «sulle strade del mondo», anche su quelle non cristiane o ecclesiali, sulle quali camminano e si incrociano uomini, popoli, culture e religioni.
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