Nell’A.T.
La parola italiana ‘misericordia’ deriva direttamente dal latino ed è composta dalla radice del verbo ‘miserere’ = ‘avere pietà’ e da ‘cor-cordis’ = cuore. Quindi, ‘avere un cuore che sente pietà’.
Nel testo ebraico vengono usati due diversi vocaboli per indicare il Dio misericordioso:‘rehamim’, che significa ‘viscere materne’, cioè un sentimento intimo che lega profondamente ed amorosamente due esseri in relazione, e ‘hesed’, che indica piuttosto un atteggiamento di amore e compassione, che deriva però da una decisione consapevole all’interno di una relazione che comporta diritti e doveri e che è comunque asimmetrica (es. da genitore a figlio, da padrone a servo, da marito a moglie, secondo la cultura del tempo).
I due o tre termini usati nella testo greco dei Settanta sono abbastanza equivalenti, con qualche sfumatura diversa, ai concetti espressi nel testo ebraico.
Nel N.T.
1) Gesù è ‘icona del Padre delle misericordie’: è amorevole verso i poveri ed accogliente verso i peccatori, sana i malati e rimette i peccati.
2) L’amore del Padre, che Gesù incarna, pur gratuitamente offerto, chiede una risposta di adesione, per poter espandersi completamente nell’essere umano.
3) L’amore è ‘circolare’: la misericordia di Dio, attraverso Cristo, si riversa sugli uomini e si espande da un individuo all’altro, per poi ritornare alla primitiva sorgente di tale amore (2Cor 1, 3-4 ).
M.F. Nannini (2.segue)