Francesco, missione e nuova evangelizzazione

francesco[Intervento a Baronissi-Lancusi, Convento della Trinità, 11 dicembre 2010]

Una nuova svolta per la missione

In occidente la missione e l’evangelizzazione soffre la difficoltà[1] a “convincere” le persone circa il valore buono del messaggio evangelico. C’è bisogno di una nuova evangelizzazione nel senso di una nuova inculturazione legata alle espressione della nostra cultura e situazione sociale.

Ma una parte della difficoltà deriva dal bisogno di ripensare il dispositivo missionario nella prospettiva del proporre, dell’andare e del testimoniare come comunità. In vista di questo ripensamento dei luoghi e dell’ardore missionario è davvero utile riprendere l’esperienza missionaria di Francesco di Assisi.

La vocazione di Francesco come vocazione missionaria

L’esperienza e la tradizione[2] di Francesco ci tramandano una vera e propria storia di vocazione missionaria. Seguendo gli scritti “autobiografici” ma anche le sue biografie ufficiali ci rendiamo conto che lo fa tenendo in conto le richieste di una triplice esigenza culturale: dare risposta alle nuove forme di povertà, autenticare il bisogno di nascente autonomia, con tutto il corpo e i sentimenti. Segno questo di grande attenzione al contesto culturale. In sintesi e tenendo in conto il linguaggio attuale della missione, Francesco ha sviluppato una teoria missionaria i cui punti centrali e stile sono:

– Circa la identità della missione: Francesco ritiene che essa abbia una natura carismatica e spirituale della vocazione missionaria (missione come vocazione) che si manifesta nel diritto di fare penitenza e soprattutto nella rivendicazione di predicare come e in quanto laici [3] senza mai disconoscere o opporsi al ruolo del chierico e della chiesa “ufficiale”.

– Circa i destinatari della missione: con la sua predicazione Francesco si rivolge ai battezzati (nuova evangelizzazione) e tiene in considerazione della pluralità dei destinatari della missione: a tutti i fedeli, a tutti i chierici e ai reggitori dei popoli operando una chiara personalizzazione del messaggio. Si rivolge anche agli “infedeli” in stile di come dialogo per la verità, nella reciprocità, senza armi.

– Circa l’azione missionaria egli opta per una duplice vie: la predicazione centrata sulla parola del Vangelo e la presentazione del Cristo pre-pasquale riassunto nella Eucarestia e la condivisione della povertà degli ultimi e gli esclusi. Francesco ritiene che si debba evangelizzare la condivisione della vita dei lebbrosi come segno dell’amore di Dio e della condiscendenza di divina (unione tra evangelizzazione e promozione umana). Ai battezzati Francesco evangelizza la misericordia e la pace-perdono cioè la conversione in una prospettiva anche sociale e culturale.

– Circa lo stile o spiritualità della missione Francesco sperimenta alcune vie e scelte missionarie decisamente insuperate: il lavoro manuale e la condivisione della povertà (autonomia economica), la fraternità dei missionari come scuola evangelica e metodo di evangelizzazione. Soprattutto la grande scelta di andare a incontrare colo che hanno bisogno di Vangelo: l’itineranza missionaria.

Accettando le “regole” (1209; 1221; 1223) La Chiesa, in effetti, accetta anche una metodologia missionaria.

Una missione “francescana”

Dalla ricca esperienza missionaria di Francesco possiamo tratte indicazioni molto utili per il “disagio missionario” in cui viviamo oggi. Sottolineo almeno tre indicazioni.

La fraternità come scopo e via della evangelizzazione. Soprattutto in occidente avvertiamo come grave la difficoltà di molti battezzati a sperimentare la chiesa come comunità e a sentirsi appartenenti ad essa e alla sua missione. La mancanza di una comunità “affettiva” porta con sé la difficoltà a “difendere” nella quotidianità i valori del Vangelo. Ci manca un pozzo, un’oasi dove abbeverarci, si sente spesso dire dai laici.

Missione come costruzione e ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie o offrire luoghi comunitari è già riconosciuto come uno dei compiti fondamentali della missione (Cf. Ch.L. 26.34). Tuttavia manca negli operatori pastorali una vera preparazione ad essere costruttori di comunità. Senza la comunità come sbocco della catechesi ordinaria, la nuova evangelizzazione non andrà da nessuna parte.
Si parla di comunità come luogo di fede, di umanità, di vera e autentica comunicazione, di rispetto carismatico, di capacità di testimoniare l’amore e la giustizia di Dio.

Soprattutto si avverte il bisogno di “fare fraternità” tra e con gli operatori pastorali. Nasce infatti l’ipotesi che tutti gli agenti pastorali partecipino di una vera Comunità Pastorale[4].

Ma nessuno può dare ciò che non riceve. L’esperienza di fraternità dei “carismatici” nella chiesa locale è davvero urgente. La fatica di essere “frates” è per essere lievito nella chiesa locale ed educare le parrocchie in questa trasformazione.

La itineranza missionaria. Francesco ha fatto suo il modello di predicazione di Gesù: visitare i villaggi. Questa è la condizione della fede di Abramo, del cammino di liberazione di Israele e di Mosè, della azione missionaria di Paolo. È il senso dell’andare fuori di sé, come affermava Giovanni Paolo II, parlando della parrocchia e della pastorale stessa (cf. NMI, CVMC, Presentazione). Alcune attività recenti stanno recuperando questa opzione: la visita alla famiglia, la missione popolare, e altre.

Essere “in itinere” significa non avere già il programma chiaro, le risposte pronte e predefinite, ma rispondere alla chiamata rispettando le esigenze del luogo e dei gruppi umani. Significa rispettare il contesto e il territorio come luogo teologico e rivelazione di Dio. Significa fare missione a partire dai bisogni di salvezza locali ma anche rispettando i doni di salvezza già presenti negli stessi luoghi.

Ma essere “in itinere” significa anche fatica e mancanza di radici antropologiche. Essere sempre pronti a spostarsi, a ricominciare, a non utilizzare le attività pastorali già pronte. Significa essere pastoralmente “sempre vigili e fuori di sé”. Significa grande capacità di discernimento comunitario e personale. Significa riconsiderare gli affetti e le amicizie!

Significa anche che le strutture e le istituzioni si pensino come “stazione base” per attività creative e carismatiche. Il Superiore più che un committente diventa soprattutto il sostenitore (sponsor) di progetti locali e anche personali.

La inserzione o camminare insieme. Ma la scelta più decisiva operata da Francesco rimane quella della missione come inserzione in un contesto di vita. Inserirsi è dichiararsi del tutto poveri e estranei ad un contesto. Non avere verso di esso nessun potere o appoggio esterno. È assumere il vestito dell’altro come segno di fiducia nella provvidenza di Dio. È sradicarsi dalla propria cultura (lingua, cucina, costumi, ruoli, feste…), accettare di assimilare qualcosa dell’altra per il solo amore del Vangelo. È l’esatto contrario dell’acculturazione e del franchisin che invece sono metodi di conquista dei mercati.

Per realizzare una missione come “inserimento” in un luogo occorre un processo formativo e spirituale adeguato. Non per nulla Francesco passava dalla itineranza, alla missione, al ritiro in solitudine. La solitudine psicologica e spirituale (non l’isolamento) è condizione per vivere nei territori “altri” e a volte ostili.



[1] Meddi L., Il secondo soffio. Il coraggio dei discepoli e le provocazioni della storia, in Euntes Docete, 2010, n.s. 63,2, 235-256.
[2] Francesco d’Assisi, oggi, in Concilium, 1981,9; San Francesco, francescanesimo e francescani, in CredereOggi, 2009, 170, 2; Le Goff J., San Francesco d’Assisi, Laterza [Gallimard], Bari 2010 5 [1999].
[3] Chenu M.-D., Il vangelo nel tempo, Ave [Les Edition du Cerf], Roma [Paris] 1968 [1964], 73-83; Potestà G.L., Povertà volontaria e predicazione laicale nella Chiesa medioevale da Valdo a Francesco d’Assisi, in Aa. Vv. Poveri e povertà nella storia della Chiesa, Mucchi, Modena 1989, 23-40.
[4] Arcidiocesi di Milano-Commissione Arcivescovile per la pastorale di insieme e le nuove figure di ministerialità, La Comunità Pastorale, Centro Ambrosiano, Milano 2009.

2 commenti su “Francesco, missione e nuova evangelizzazione”

  1. Vivere il Vangelo nella quotidianitá é cio che vuole Francesco,
    scoprire il Volto di Gesú soferente tra i piccoli,
    aprire il cuore per gli stranieri,
    amare cio che é fatto per Dio..
    questo che vuole Frate Francesco… Amare il Signore e la sua santa volontá!!

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