Custodire, aver cura, far risplendere la speranza. Compiti e Vie per la missione di Francesco I

FrancescoILa solenne Celebrazione per la imposizione del Pallio e la consegna dell’Anello del Pescatore per l’inizio del Ministero Petrino del Vescovo di Roma (19 marzo 2013, festa di San Giuseppe) è stata una importante occasione per Papa Francesco di cominciare farci conoscere il suo modo di vedere la fede e la missione della chiesa.

Il suo “fresco” e prezioso intervento prende spunto dalla figura di Giuseppe e si organizza su tre semplici parole: custodire, avere cura, far risplendere la speranza. Il compito della Chiesa è lo stesso di Giuseppe: custodire. In questa parola “è già racchiusa la missione” che Dio gli affida. È chiamato a custodire il compito e la missione di Maria e la formazione di Gesù.

Custodire diviene metafora della missione della “chiesa, del Papa e delle autorità sociali”. Si custodisce cercando la fedeltà alla parola di Dio, lasciandosi guidare dalla sua volontà, leggendo con realismo gli avvenimenti. Così si impara ad essere attenti a chi ci circonda e a prendere “le decisioni sagge”.

Quale è il contenuto di questa azione missionaria? “È custodire l’intero creato, la bellezza del creato. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!”.

Di chi è questo compito? Troviamo qui una apertura a quella prospettiva di missione che possiamo definire “missione come collaborazione”. La chiesa condivide una missione con tutto il mondo. Il Papa afferma infatti con semplicità: “La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti” e poco più avanti: “Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!”

Quale formazione degli operatori per realizzare questa missione? “Per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!”. Echeggia qui tutta la tradizione spirituale Ignaziana. Una tradizione pedagogica che ben si collega con una delle linee della cultura moderna e post-moderna: la cura di sé avviene infatti attraverso percorsi di memoria biografica e di riflessività. È una prospettiva di Nuova Evangelizzazione davvero liberante!

Il Papa si impegna ad essere animatore di questa prospettiva missionaria. Cosa comporta il potere del successore di Pietro? “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!”.

Termina la sua “introduzione” al ministero di animatore della missione ecclesiale richiamando le parole chiave: “Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!”

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