Luciano Meddi La parrocchia cambia parroco una risorsa per la pastorale Cittadella Editrice – Assisi 2012 Cittadella Editrice - Assisi © Cittadella Editrice - Assisi www.cittadellaeditrice.com 1a edizione: 2012 Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633, ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO , CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’editore. ? Introduzione Da problema a risorsa Perché ci interessiamo al tema del cambio di guida di una comunità parrocchiale (= CdG)? Alla parrocchia vengono attribuiti alcuni limiti. Alcuni sono legati al modo di gestirla e quindi al modello pastorale che viene utilizzato. Ma altri sono in realtà di natura organizzativa e rimandano alle decisioni che vengono prese o non prese su di esse. In genere le critiche alla parrocchia sono i meriti che, in positivo, vengono attribuiti alle nuove forme di vita cristiana: associazioni e movimenti. Si indicano la mancanza di vita comunitaria intensa, di itinerari formativi non adeguati, di ministerialità che stentano ad assumere una figura precisa e a sentirsi veramente corresponsabili. Si può aggiungere che la proposta di cristianesimo fatta dalle parrocchie è debole. Non tanto nel senso di un livello insufficiente, quanto per il fatto che appare generica fino ad essere estranea alla vita concreta delle persone. I movimenti invece interessano anche perché descrivono un tipo di cristianesimo concreto e facilmente individuabile. Chi colpisce l’interesse per la preghiera, chi per la carità, chi per l’azione culturale, etc. Secondo molti credenti è solo nella associazione\ movimento che si può vivere in pienezza il Vangelo. Gli appartenenti parlano, infatti, della loro “entrata”. Un parrocchiano non direbbe mai: “sono entrato\ sono ritornato dal...”. Ma provate a pensare che anche i movimenti soffrissero delle indecisioni proprie di ogni parrocchia. Sarebbero così incisivi? Come sarebbe un movimento o gruppo ecclesiale senza libertà di autonomia, di scelta di animatori, di libertà di sperimentazione! Soprattutto, pensate un movimento che non decida chi debba essere il suo successore nella guida della comunista stessa.. In questi anni del post-concilio abbiamo avuto diversi tentativi di rinnovare il volto della parrocchia in chiave missionaria. Ma molto timida è stata l’analisi fatta su uno degli elementi che limitano decisamente il potenziale missionario: il cambio di guida della comunità. Quante parrocchie dopo aver faticato per diversi anni nella trasformazione in chiave missionaria si sono trovate poi a dover ricominciare. Magari verso un’altra direzione. In senso globale possiamo dire che ci interessiamo di tale questione perché sempre più appare evidente che le comunità vivono questo momento in modo molto negativo. La cura pastorale ne risente eccessivamente e il potenziale di appartenenza e di missionarietà faticosamente accumulato in precedenza si disperde a volte in modo irreversibile. In una parola sembra che tale situazione sia una delle cause della difficoltà missionaria richieste alle nostre comunità. In un tempo in cui la funzione sociale della religione cristiana non era in discussione, in un tempo in cui l’esperienza cristiana coincideva – nella rappresentazione collettiva – alla sola pratica sacramentale, la cattiva gestione del CdG non aveva una influenza eccessiva. Ma in una situazione di difficoltà di appartenenza e di ruolo sociale debole della chiesa, in un contesto in cui la qualità della esperienza religiosa si basa sul coinvolgimento profondo degli adulti, appare sempre più determinante affrontare in modo complessivo il tema della CdG nella vita delle comunità. Tutto questo soprattutto per non disperdere il potenziale evangelizzatore delle comunità. In modo particolare sembra che l’attuale modo di gestire il CdG metta fortemente in crisi alcuni aspetti del vissuto delle comunità. La qualità di vita, il tessuto relazionale delle comunità, è definito punto essenziale per il recupero del potenziale missionario delle comunità in vista della futura nuova evangelizzazione (Christifides Laici, n. 34). Andrà attentamente valutato, ad esempio, il peso che può avere per una comunità la interruzione della relazione intensa tra una comunità di operatori e la sua guida (se questa è stata significativa). Ma in ogni caso la dimensione della relazione va considerata maggiormente come fattore, causa, conseguenza del CdG. Non è necessario qui ricordare il valore della relazione entro cui si collega anche la motivazione di collaborazione, di appartenenza, di difesa della vita di una comunità. È facile inoltre mettere in evidenza che tale situazione provoca una interruzione della progettazione pastorale. In un contesto di chiesa in cui la cura pastorale coincideva con la amministrazione dei sacramenti, il CdG non aveva grande conseguenza nella pastorale perché essa era guidata dalle regole proprie dell’amministrazione. In un contesto missionario in cui la pastorale si pensa come una azione complessa tesa non solo alla celebrazione della salvezza ma anche alla azione trasformativa del territorio, tale azione richiede una continua analisi e decisione pastorale. È questa riflessione che viene a essere bloccata nel cambio! Nel periodo del cambio è bloccata la riflessione, è messa in discussione la criteriologia di una comunità. Ciò che poteva avere un significato importante in un momento, rischia di non avere più importanza. Impegni, dedizione, professionalità, investimento formativi: tutto può essere messo in discussione nel giro di pochi giorni! Come è possibile mettere in discussione la strategia di una comunità ogni breve periodo? Conseguentemente assistiamo ad una situazione di continua interruzione delle attività. Anche una superficiale ricostruzione delle storie di parrocchie metterebbe in evidenza come in questi anni il turn over delle persone e delle attività è impressionante! Si conoscono comunità parrocchiali in cui in pochi mesi scompaiono gruppi giovanili, gruppi di animatori, attività pastorali consolidate. Quella che era una comunità fiorente, appare in poco tempo una comunità morta o un campo di battaglia e di resistenza. Con il cambio della guida, cambia anche la geografia delle comunità. Dialogando con gli operatori pastorali di molte comunità in cui è avvenuto un cambio non ben programmato ci si rende conto di quanta ansia da ruolo questo provochi. Oltre la normale conoscenza, infatti, e oltre la dimensione affettiva di cui ho accennato prima, va considerata la situazione in cui si trovano gli operatori. Essi hanno acquisito uno determinato stile pastorale che è composto da un modo di gestire conoscenze e abilità. Quasi sempre questo fa riferimento ad un consenso espresso dalla guida di comunità. Il cambio di guida mette in serio pericolo (e non solo psicologicamente) tale equilibrio. Gli esisti di questa situazione possono essere vari: abbandono del servizio, de-responsabilità, indifferenza, migrazione in altre comunità o attività missionarie. Non è fuori luogo, inoltre, sottolineare un altro problema: la nascita di sentimenti di ostilità che il CdG può generare verso la chiesa diocesana. Questo non deve significare che il Vescovo non debba sentire la libertà di decisione. Significa che nella gestione di un CdG è importante gestire anche la dimensione dei sentimenti e guarire le eventuali conflittualità. Si deve dire subito che la presente proposta non segue la linea delle riflessioni dei primi anni ’70 dove l’accento era sulla questione “democratica” delle ministerialità. In questo testo non si vuole perorare la causa della scelta dal basso della ministerialità nella chiesa. Questo tema ha già buoni difensori e validi motivi teologici e pastorali. Più modestamente il testo riflette su come migliorare l’esistente in modo che le comunità non siano private del loro cammino di fede e azione missionaria. La proposta quindi è solo quella di rivedere il tempo del cambio di guida utilizzandolo perché diventi una vero momento pastorale, un tempo sabbatico della comunità per la sua continua riforma missionaria. L’accento non sarà solo sulla persona che deve cambiare o venire. Piuttosto sarà sul fatto che in questa occasione la comunità può essere chiamata dal Vescovo a riflettere sul suo recente passato e l’immediato futuro in un fruttuoso interscambio con il discernimento diocesano. * * * Il nucleo centrale della riflessione e la declinazione della proposta di un tempo sabatico per la comunità riprende un saggio già pubblicato (Cambio di guida della comunità e configurazione missionaria delle parrocchie. Il punto di vista teologico-pastorale, cf. Meddi 2007). La riflessione si inseriva in una bella esperienza di formazione permanente del clero realizzata dall’Istituto di Pastorale Pugliese e ora interamente pubblicata (Margiotta-Zuppa–Calabrese 2007). Il testo viene qui ampliato e collocato in una rilettura globale del rapporto tra rinnovamento parrocchiale e Cambio di Guida. Si parte dalla descrizione di una delle condizioni del rinnovamento missionario della parrocchia: lo sviluppo della ministerialità o responsabilità di tutta la comunità e degli operatori pastorali (c. 1 La corresponsabilità ministeriale). Questa chiamata all’esercizio comune della vocazione battesimale rischia di essere continuamente erosa e svalutata dai cattivi modi di realizzare il cambio di parroco. Si ritiene utile, quindi, introdurre nella riflessione e nella pratica pastorale un metodo di progettazione più adatto che il semplice rispetto delle norme canoniche. A tale proposito si offre una ragionata griglia di analisi del fenomeno (Fare analisi di qualità, c. 2) che ci permette di descrivere alcuni degli aspetti più rilevanti del modo di attuare nelle diocesi un CdG e delle conseguenze a cui ci sta portando l’attuale situazione: depotenziamento delle parrocchie e scoraggiamento di molti laici impegnai nel servizio missionario (La comunità parrocchiale in situazione di cambio, c. 3). Sulla via di una proposta di cambiamento di tale situazione si offre una riflessione teologico-pastorale che ricostruisce le acquisizioni proprie della coscienza ecclesiale (La riflessione teologico-pastorale, c. 4) e una descrizione rinnovata della natura e degli obiettivi da conseguire in un tempo di cambio di guida. L’idea che si propone è quella di pensare il CdG come questione della intera comunità. Come kairos, tempo opportuno, per la sua continua riforma missionaria e anche come questione di nomina del nuovo parroco (Il cambio di guida per lo sviluppo della comunità, c. 5). La riflessione continua con la declinazione della proposta. Si offre un “protocollo” utile per riequilibrare alcuni aspetti del CdG. Ci è piaciuto chiamare questo momento “tempo sabbatico” della comunità e descriverne la finalità (il rinnovamento missionario), contenuti, le situazione affettive e le modalità di trasformazione (Il tempo sabbatico della comunità, c. 6). Conclude la riflessione una specifica bibliografia sui fenomeni e le riflessione che il tema comporta. * * * Come si vede il testo si presenta come una fotografia sull’esistente e una proposta di adeguamento. Si propone di incoraggiare i rinnovamenti in atto e soprattutto la necessaria relazione tra ruolo di guida dei parroci e la responsabilità missionaria dei laici. È destinato quindi in modo particolare ai ministri ordinati, ai consigli presbiterali e ai membri dei consigli pastorali (diocesani e parrocchiali). Chi crede al compito salvifico della parrocchia vi troverà, speriamo, una via di uscita positiva per gestire un momento delicato e affascinante della vita delle comunità e dei presbiteri. Una via perché il problema diventi risorsa. Luciano Meddi, La Parrocchia cambia parroco. Introduzione www.lucianomeddi.eu