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Le istanze della teologia pastorale
Le istanze emergenti della Teologia Pastorale dal Concilio ad oggi.
Abstract intervento di Luciano Meddi alla Giornata di studio dell’Ecclesiologia pastorale organizzata dall’ Istituto Teologico Leoniano di Anagni, venerdi 21 febbraio 2020
Anche la Teologia pastorale è in continua evoluzione e ricomprensione di se stessa. Questa operazione permette di consolidare intuizioni e riflessioni precedenti, di modificarne alcune non adeguate e di individuare suggestioni e innovazioni necessarie.
Una premessa di linguaggio: come si vedrà si deve accettare che l’espressione “teologia pastorale (=TP)” indichi sia lo specifico studio sulle singole azioni, sia l’insieme di tutta la riflessione sistematica sull’agire ecclesiale o teologia pratica (=TPR).
A nostro avviso per dare soluzione, almeno parziale, alle questioni ricordate, sarà sempre più importante ricostruire la receptio della teologia dei segni dei tempi già all’interno del Vaticano II. La riconsiderazione di SdT come segni per i tempi aiuta anche lo scioglimento dei diversi nodi propri sia della TPR che della TP in modo particolare il momento del giudizio pastorale. Perché non si cada nell’arbitrarietà ecclesiale o nel sociologismo pastorale oggi molto presenti, si deve riconsiderare che lo sguardo pastorale, per sua natura teandrico, mette insieme la dimensione dei bisogni umani (aspirazioni) con quella del mysterium salutis cioè delle presenze salvifiche. Il giudizio pastorale discende dalla decisione che deriva dall’insieme di GS 4 e GS 11 attraverso GS 44!
Per avere una visione complessiva di questi temi e problemi, sarà utile iniziare dalla questione dell’oggetto (meglio dire campo) di cui si occupa la TP. È il campo infatti che stabilisce l’epistemologia di una disciplina. Molta bibliografia pastorale post-conciliare si occupa in effetti di ridefinire i compiti o attività della pastorale.
In questa prospettiva lo schema è semplificato: il mondo offre problemi o temi di azione pastorale e la teologia con i suoi linguaggi offrono soluzioni. Una prospettiva che ha esaltato la metodologia vedere-giudicare-agire oggi giustamente criticata da molti pastoralisti. La fragile relazione tra mondo e Chiesa racchiusa nella sfida pastorale è stata fatta propria dalla prospettiva pastorale della Nuova Evangelizzazione e, in parte, dalla più recente stagione della conversione missionaria.
Come documentato dallo stesso magistero pontificio e da molti episcopati, non dà ragione della necessità di organizzare l’agire ecclesiale in risposta a situazioni locali. Questa necessità di contestualizzazione imbarazzò molto la riflessione missiologica al concilio (AG 6).
In questa breve presentazione terremo presenti tre interessi: il senso dell’evoluzione della teologia pastorale (1); la definizione del campo di indagine della teologia pastorale (2) e le esigenze di configurazione della definizione di Teologia Pratica (3)
Pastorale missionaria “sulle strade del mondo”
Intervento di don Luciano Meddi, alla 11° Settimana di Spiritualità missionaria, Assisi, venerdi 30 agosto 2013
Credo che il mio compito in questa Settimana di Formazione sia quello di indagare come «le strade del mondo, non immediatamente quelle cristiane o ecclesiali», possano aiutare la missione nella sua realizzazione e, aggiungo, nella sua definizione. Gli uomini «dicono la vita quotidiana, la speranza, e talvolta anche lo smarrimento dell’uomo contemporaneo».
Il convegno ha già offerto alcuni contenuti essensiali: il valore teologico della espressione (Noceti-Dotolo), i soggetti missionari altri (Pandolfi-Zappalà e amici), due contesti decisivi: la autorealizzazione e la giustizia sociale (Orioli-Vaggi).
Intuiamo facilmente il valore teologico della espressione, ma a volte soffriamo di capacità pratiche. L’espressione «sulle strade del mondo» dal punto di vista della PM (pastorale missionaria) significherà allora indagare come si cammina nel mondo e come gli incontri (persone e istituzioni) aiutano la diffusione del vangelo. Significherà – a livello di coscienza riflessa – avere un quadro delle competenze e dei saperi che sarà utile introdurre nella pratiche missionarie. Le loro vie quindi a volte portano la salvezza e a volte ne sono sacramento. Come avrebbe detto M.-D. Chenu, il mondi «è la carne» della storia della salvezza.
Il mio è un compito di teologia pastorale missionaria. Nel mio linguaggio l’espressione “strade del mondo” viene a significare migliore comprensione degli scopi, delle strategie e degli strumenti della missione. Quindi, proprio per questo, della testimonianza del missionario. Ma tutto riletto nella prospettiva dell’agire missionario.
In modo particolare sono particolarmente interessato ad approfondire non tanto i contenuti della espressione (cosa si incontra sulle strade, se e cosa possiamo prendere) quanto le conseguenze progettuali che derivano dalla comprensione che il mondo non è solo destinatario ma anche soggetto attivo del progetto salvifico. È dunque una riflessione pratica.
Pastorale missionaria "sulle strade del mondo"
Intervento di don Luciano Meddi, alla 11° Settimana di Spiritualità missionaria, Assisi, venerdi 30 agosto 2013
Credo che il mio compito in questa Settimana di Formazione sia quello di indagare come «le strade del mondo, non immediatamente quelle cristiane o ecclesiali», possano aiutare la missione nella sua realizzazione e, aggiungo, nella sua definizione. Gli uomini «dicono la vita quotidiana, la speranza, e talvolta anche lo smarrimento dell’uomo contemporaneo».
Il convegno ha già offerto alcuni contenuti essensiali: il valore teologico della espressione (Noceti-Dotolo), i soggetti missionari altri (Pandolfi-Zappalà e amici), due contesti decisivi: la autorealizzazione e la giustizia sociale (Orioli-Vaggi).
Intuiamo facilmente il valore teologico della espressione, ma a volte soffriamo di capacità pratiche. L’espressione «sulle strade del mondo» dal punto di vista della PM (pastorale missionaria) significherà allora indagare come si cammina nel mondo e come gli incontri (persone e istituzioni) aiutano la diffusione del vangelo. Significherà – a livello di coscienza riflessa – avere un quadro delle competenze e dei saperi che sarà utile introdurre nella pratiche missionarie. Le loro vie quindi a volte portano la salvezza e a volte ne sono sacramento. Come avrebbe detto M.-D. Chenu, il mondi «è la carne» della storia della salvezza.
Il mio è un compito di teologia pastorale missionaria. Nel mio linguaggio l’espressione “strade del mondo” viene a significare migliore comprensione degli scopi, delle strategie e degli strumenti della missione. Quindi, proprio per questo, della testimonianza del missionario. Ma tutto riletto nella prospettiva dell’agire missionario.
In modo particolare sono particolarmente interessato ad approfondire non tanto i contenuti della espressione (cosa si incontra sulle strade, se e cosa possiamo prendere) quanto le conseguenze progettuali che derivano dalla comprensione che il mondo non è solo destinatario ma anche soggetto attivo del progetto salvifico. È dunque una riflessione pratica.
Vita eterna? Un tema da ripensare nella vita della comunità cristiana
“L’ultima sezione del credo ci parla del mondo futuro, della vita che non avrà fine. Non è solo una vita che non avrà termine ma la partecipazione alla vita stessa di Dio eterno a cui, nella sua infinita bontà e senza merito da parte nostra, egli ha deciso di chiamare e destinare gli uomini”[1].
La citazione compendia la complessità a cui deve far fronte la teologia contemporanea per ispirare una pratica pastorale adeguata: se il tema “Vita Eterna” (=VE) riguarda l’esito della vita umana, il tema della vita dopo la morte, o indica il dono definitivo che riceve il credente e che ne costituisce la vocazione. Nella teologia e nella pastorale le due dimensioni si intersecano continuamente per cui è inevitabile che approfondire il tema della VE comporti inserirlo nella questione più vasta della dottrina sulla fine dell’uomo e del cosmo cioè della escatologia[2].
Il titolo esprime bene il senso e la direzione di questo intervento. Ma anche i suoi problemi di fondo che occorre premettere. Il punto interrogativo sottolinea la constatazione che tale tema della fede, l’ultimo articolo del credo, non è percepito come importante dalla comunità dei battezzati.
La teologia pastorale è invitata a interrogarsi sulle strategie che si devono mettere in campo per favorirne la comunicazione ma soprattutto la sua interiorizzazione e rielaborazione in termini di vita cristiana. Questo suo compito è reso complesso da una serie di interrogativi. Si tratta di dare valore e riconoscere il contesto socio-culturale e approfondire nuove interpretazioni oppure di migliorare la comunicazione? Infatti ci sono riflessioni in atto nella stessa teologia dogmatica. Il ripensamento pastorale dipende dalla risposta alla domanda se l’attuale situazione culturale debba essere pensata come totalmente negativa per cui la pastorale abbia necessità di rinforzare l’espressione tradizionale. Oppure se non debba riconsiderare la sua presentazione della fede, ascoltando le difficoltà e accogliendo nuove prospettive interpretative. L’impasse della pastorale è quindi in parte anche l’impasse della teologia tout court.
D’altra parte l’azione la pastorale sembra del tutto estranea a tale dibattito per cui, come verrà detto, non sappiamo esattamente se la crisi dipenda dalla assunzione di nuovi schemi interpretativi o esattamente dal suo contrario: la non accoglienza degli stessi.
“Saggio di teologia pastorale” avverte che la riflessione si colloca sulla linea della decisione pratica nella comunità. Proprio per questo si interesserà prevalentemente di alcune questioni: dove e come interpretare il problema pastorale (1); in che misura la situazione è collegata con le pratiche pastorali della chiesa della tarda modernità e post-modernità (2); come individuare con l’aiuto della riflessione teologica una criteriologia adeguata (3); offrire piste e spunti per una nuova simbolica adatta sia per la predicazione missionaria che la vita ecclesiale (4).
[1] Ladaria L.F., Vie eternelle, in Mathon G.-Baudry G.-M. (edd.), Catholicisme, v. XV, Paris, Letouzey et Ané, 2000, 1040-1049 ; qui 1040.
[2] Il rinnovamento post-conciliare del tema è facilmente ricostruibile in alcune rassegne e presentazioni: Bonifazi D., Teologia della speranza e del futuro, in Marranzini A. (a cura di) , Correnti teologiche post/conciliari, Roma, Città Nuova, 1974, 99-138; Pozo C., In preparazione della parusia, ivi, 389-412; i tre interventi sulla teologia cattolica, protestante e orientale di G. Colzani (81-120), S. Rostagno (121-160) e A. Joos (161245) in Associazione Teologica Italiana-Canobbio G.-Fini M. (a cura di), L’escatologia contemporanea. Problemi e prospettive, Padova, Emp, 1995; Colzani G., Escatologia e teologia della storia, in Canobbio G.-Coda P. (edd.), La teologia del XX secolo. Un bilancio 2. Prospettive sistematiche, Roma, Città Nuova, 2003, 483-559; La Vita eterna, in CredereOggi, 2009, 172,5.
Meddi L., Vita eterna? Un tema da ripensare nella vita della comunità cristiana. Prospettive pastorali, in © Dotolo C.-Giorgio G. (a cura di), Credo la risurrezione della carne, la vita eterna, Edb, Bologna 2013, 299-335.
Il testo riprende l’intervento al XIV Simposio SIRT “Credo… la risurrezione della carne. La vita eterna”. Gerusalemme 9 gennaio 2010, Gerusalemme 2010, 9 gennaio.