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Servire lo Spirito che agisce nel mondo verso il suo compimento, compito della missione

Un doveroso e riconoscente “grazie” a don Carlo per la sua ultima riflessione, vera sintesi del suo lungo pensiero teologico: C. Molari, Il cammino spirituale del cristiano. La sequela di Cristo nel nuovo orizzonte planetario, Gabrielli Editore, San Pietro in Cariano 2020.

Ecco una sintesi del volume (550 pagg!) curata dell’editore:

Il libro si compone di cinque Parti. Ciascuna tratta e circoscrive un tema, e può essere letta in autonomia. Numerosi riferimenti incrociati a piè pagina consentono i collegamenti.

PARTE PRIMA – L’ESERCIZIO INTERIORE
A differenza delle altre dimensioni antropologiche – fisica, biologica e, in parte, psichica – la dimensione spirituale non si sviluppa autonomamente, lasciata a se stessa, ma deve essere acquisita attraverso un lavoro interiore che parte dalla consapevolezza della dipendenza e dall’apertura a un Principio altro da noi e più grande di noi, ma che è presente e operante in noi, e dal quale sentiamo dipendere il nostro compimento di esseri umani al quale siamo chiamati. Crescere nella vita spirituale significa diventare capaci di nuove forme di relazione con noi stessi e con gli altri; il che avviene per una reale modificazione delle strutture cerebrali indotte in noi dai primi stadi della nostra infanzia, e il cui sviluppo oggi le neuroscienze riescono a rilevare con chiarezza. Lo sviluppo della vita spirituale è un’esigenza di ogni persona, credente o meno, cristiano o di altra fede, che identifichi il Principio a cui orientare la propria vita come Dio o come un principio di Giustizia, o come la Vita stessa. In ogni caso, per tutti, un cammino di crescita nella nostra umanità nel quale realmente diventiamo ambiti di vita nuova, nuova capacità di bene, giustizia e verità. Quella cristiana è una delle forme di spiritualità che l’umanità ha sviluppato nell’ambito delle sue diverse tradizioni culturali e religiose, e tutte sono chiamate a concorrere al cammino verso quel grado di maturità oggi richiesta dalle sfide decisive che sul pianeta devono essere affrontate. È un lavoro che può avvenire solo a livello individuale, nel silenzio, attraverso il controllo delle proprie dinamiche interiori, e che fiorisce e si alimenta nelle relazioni interpersonali, comunitarie e poi globali. Per il cristiano è la via della preghiera; per tutti la via verso quel traguardo che, con la morte, porterà il nostro spirito a fiorire e aprirsi a una nuova, vera dimensione di vita.

Il compito di Primo annuncio nel DPC

direttrio per la catechesi1. Il sorgere del primo annuncio

L’espressione Primo annuncio (=PA) è abbastanza recente. A Partire dagli anni ’60 e per tutti gli anni ’70-‘80 l’espressione più usata è stata evangelizzazione che sostituiva la precedente predicazione missionaria o evangelii precones. Evangelizzazione (=E.) a sua volta integrava l’espressione Kerygma.

Questa impostazione era incentrata sul kerygma paolino della redenzione, ma subito dopo il Vaticano II e per effetto del recupero pieno delle scienze bibliche la catechesi prese la via dello stretto rapporto con il kerygma pre-pasquale: l’annuncio del regno e la prassi di liberazione di Gesù. Così Medellin (c. 8) scriverà che la catechesi è evangelizzatrice perché proclama il progetto di Dio per l’umanità e la storia tutta. Il concetto di e. legato strettamente a umanizzazione fu sottolineato abbondantemente dalla Evangelii nuntiandi di Paolo VI (1975).

La crisi della Evangelizzazione (soprattutto nelle chiese di antica istituzione e di cultura occidentale) infatti non è recente e non riguarda solo l’ardore comunicativo. Essa ha molte radici e la più importante è la separazione tra messaggio e cultura. Una separazione o meglio una progressiva auto-separazione della Chiesa dalla cultura stessa. È crisi di significazione del messaggio. Il grande racconto della fede che sembra essere in crisi riguarda il senso della Morte e Risurrezione di Gesù! È necessaria una nuova narrazione del Mistero Pasquale?

Ma il perdurare della crisi del cristianesimo nei paesi di antica cristianità nella ultima parte del XX secolo e attribuita proprio all’eccessivo uso della Scrittura[2], ha provocato interpretazioni diverse concentrate nella formula Nuova Evangelizzazione che può essere riassunta nella espressione svolta veritativa.

2. Il primo annuncio nella prospettiva missionaria e catechetica del DPC

DPC considera l’E. in tre grandi ambiti: come processo missionario (processo di evangelizzazione), come azione missionaria (primo annuncio), come compito contestuale (evangelizzazione della cultura e nuova evangelizzazione.

1. Il PA come espressione della evangelizzazione e concretizzazione del kerygma. DPC con l’espressione PA (cf. nn. 66-68) descrive fondamentalmente l’azione dell’annuncio: esso è finalizzato alla conversione come effetto della conoscenza della fede (nn. 31.33.66.78.240). Il PA come azione è azione di evangelizzazione è uno dei termini che esprimono l’azione divina della sua comunicazione. La teologia dell’evangelizzazione di DPC è derivata forse in modo semplificato dalla rinnovata teologia della rivelazione (= riv.) propria del Vaticano II. È da questa prospettiva che DPC n. 14 esplicita i contenuti della rivelazione e dell’E. L’annuncio cristiano riguarda il mistero d’amore di Dio verso gli uomini; lo svelamento della verità intima di Dio come Trinità e vocazione dell’uomo; l’offerta di salvezza, il dono della grazia e della misericordia; la riunificazione dell’umanità. In questa prospettiva pasquale DPC ricomprende l’annuncio di Gesù come inaugurazione del Regno di Dio (n. 14) e il mandato missionario opera dello Spirito (n.15). È una presentazione che si limita ad una prospettiva semplificata di DV; che esalta la visione missionaria di SC 6 e non tiene presente altri luoghi del Vaticano II.  Completa l’analisi del contenuto e della natura del PA il legame stretto con l’espressione kerygma (=K.). Secondo Mons. Fisichella «alla luce di Evangelii gaudium, questo Direttorio si qualifica per sostenere una “catechesi kerygmatica”». L’importanza del testo è rafforzata dal riconoscimento, sempre al n. 58, che il NT presenta diverse formulazioni del K., cioè diverse comprensioni della salvezza secondo le esigenze delle culture e delle persone; anche la Chiesa di oggi deve presentare il K. secondo le esigenze. Ma anche qui con due lunghe e inusuali note (note 4 e 5) si afferma con decisione che si deve sottolineare la comprensione pasquale del K. Sembrano qui riecheggiare le discussioni in Aula sinodale del Sinodo per la Nuova Evangelizzazione del 2012.

2. Il PA e inculturazione della fede. L’evangelizzazione, il PA e tutta la catechesi è impegnata nel compito principale della nuova tappa dell’evangelizzazione: l’inculturazione della fede. Ci sembra che DPC segua qui alcuni riferimenti: il grido di Paolo VI (EN 18-20) e le indicazioni di CT 53. Tuttavia abbiamo qualche perplessità perché a ben vedere questi riferimenti esprimono il bisogno di una evangelizzazione profonda più che una vera inculturazione. Ci sembra che l’espressione inculturazione debba esprimere, invece, il riconoscimento teologico del valore delle culture e delle religioni al fine di comprendere meglio e arricchire la stessa fede cristiana (LG 13-17). In questo aspetto inculturazione si riferisce di più al rapporto con le scienze umane e scienze della religione (cf. GS 44). Tuttavia possiamo riconoscere che poiché DPC non cita mai esplicitamente la Dominus Jesus probabilmente apre ad un possibile e futuro dialogo salvifico (cf. NA 2) con le esperienze religiose dell’uomo e dei diversi contesti.

3. Il PA e la sua pedagogia: ricerca, narrazione e via pulchritudinis. DPC – seguendo EG n. 167 – afferma che il PA ha una sua pedagogia: il laboratorio di dialogo (nn 53-54), la narrazione e narratività (nn. 207-208), la via della bellezza (nn. 61-62). Queste indicazioni raccolgono molte innovazioni introdotte nella catechesi recente ed esprimono significative proposte metodologiche. I catechisti e i predicatori dovranno fare attenzione ad alcuni equivoci. In riferimento alla metodologia del laboratorio si deve ricordare che il tema della ricerca non può essere finalizzato alla sola interiorizzazione della verità cristiana ma alla riespressione e personalizzazione; non è solo ad una tecnica di convincimento. La narrazione-narratività troppo facilmente può essere usato come strumento in mano all’emittente se non è rispettoso del gioco comunicativo e non include il ruolo del destinatario, la sua biografia. In ogni caso sembra una ulteriore riconciliazione con la questione dei metodi attivi nella catechesi. Una pedagogia di comunicazione, quindi, ambigua se non è finalizzata a sviluppare il compito di receptio e sensus fidei dei destinatari. Si rischia di affascinare ma di non creare i presupposti per una evangelizzazione integrata con i processi vitali e decisionali della persona e gruppi sociali, ma finalizzata a sostituirli.

3. Verso nuove narrazioni della proposta cristiana

Ci permettiamo alcune osservazioni finali su tutto il tema del Primo Annuncio. La crisi della Evangelizzazione (soprattutto nelle chiese di antica istituzione e di cultura occidentale) infatti non è recente e non riguarda solo l’ardore comunicativo. Essa ha molte radici e la più importante è la separazione tra messaggio e cultura. Una separazione o meglio una progressiva auto-separazione della Chiesa dalla cultura stessa. È crisi di significazione del messaggio. Il grande racconto della fede che sembra essere in crisi riguarda il senso della Morte e Risurrezione di Gesù! È necessaria una nuova narrazione del Mistero Pasquale?  Il Primo Annuncio avrà il compito di ripensare la presentazione del Mistero Pasquale in modo che includa il ministero messianico di Gesù e le altre manifestazioni dell’agire dello Spirito nel mondo. Ci permettiamo di invitare ad una attenta riflessione che sappia presentare il mistero di Gesù di Nazaret secondo altre prospettive narrative che meglio interagiscono con le culture contemporanee: nella sua messianicità, nell’accoglienza interiore dello Spirito, nel riconoscimento delle altre forme trasformative e pneumatiche; nell’apertura al cristianesimo non più fondato sul linguaggio religioso.

Riferimenti

Benedetto XVI, Luce del Mondo. Il Papa, la Chiesae i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2010.
R. Fisichella, Guida alla Lettura, in Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, Direttorio per la Catechesi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2020, 5-38.
L. Meddi, Il Primo Annuncio. Questione di narrazioni e racconti, Elledici, Torino 2019

Inculturazione: le ambiguità del Direttorio Generale per la Catechesi

Risultati immagini per direttorio generaleL’inculturazione della fede nella nuova “catechesi mis­sionaria” è tematizzata dal professor Meddi, che analizza la proposta dell’in-culturazione contenuta nel Direttorio generale per la catechesi (1997), documen­to che ha inciso in vario modo sulla riformulazione della catechesi contemporanea keocjp5. La disamina è inquadrata in una ricostruzione seppure parziale dell’e­voluzione del pensiero magisteriale e della riflessione teologica in materia. In questo modo, è possibile istituire un confronto con le risorse disponibili all’e­poca della redazione del documento, segnalandone al contempo punti di con­tatto ed elementi di criticità. Nonostante il merito di aver rilevato lo specifico apporto della catechesi all’inculturazione nel suo processo educativo-formativo, incentrato sul processo di integrazione-interiorizzazione del messaggio,

il Direttorio presenta un’evidente criticità. Esso ha inteso l’inculturazione solo come una via della missione, mettendo tra parentesi questioni decisive, quali l’ermeneutica delle fonti, la reciproca fecondazione di fede e cultura.

In tal modo, l’inculturazione rischia di essere fraintesa, perché capita nei termini di un processo di semplice socializzazione della cultura ecclesiale precedente. Ne discende, oggi, la necessità di un superamento di tale impostazione, dan­do spazio non soltanto alla ricerca di pratiche per veicolare il messaggio cri­stiano, ma anche a una sua riformulazione.

Luciano Meddi, La inculturazione della fede nella nuova “catechesi missionaria”. Le ambiguità del Direttorio Generale per la Catechesi (1997), in S. Mazzolini, Vangeli e culture. Per nuovi incontri, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2017, 147-167

1. L’inculturazione come compito missionario e catechetico 148
1.1. La cultura via della missione 149
1.1.1. La innovazione del Vaticano II 150
1.1.2. Evangelizzare il profondo 152
1.2. Le scelte di Giovanni Paolo II 154
2. Catechesi e cultura nel Direttorio del 1997 156
2.1. La inculturazione come finalità della catechesi 157
2.2. La inculturazione come processo catechistico 158
3. La debolezza della nuova catechesi missionaria 161
3.1. Appunti per una valutazione del DGC (1997) 161
3.2. Impoverimento della catechesi missionaria 163
Bibliografia 165

 

Inculturazione e catechesi

Inculturazione e catechesiInculturazione e catechesi. La catechesi inculturata via della personalità cristiana. Intervento di Luciano Meddi al seminario «Vangelo e cultura. Un incontro sempre nuovo» Roma, Sala Newman, Pontificia Università Urbaniana 20 gennaio 2016, ore 17.00.

Quando si annuncia la fede o la si aiuta nella sua maturazione, la comunità e l’individuo hanno già una precomprensione salvifica (=cultura) in cui vivono spontaneamente (socializzazione primaria e secondaria) e che li aiuta nella loro costruzione della vita. 

Nel nostro contesto storico (occidentale) è venuto meno il “catecumenato sociale” (cf. J. Colomb) ovvero la trasmissione “spontanea” dei valori e simboli cristiani per cui la socializzazione  (cultura di base) primaria avviene su basi e valori non evangelici anche se utilizzano simboli religiosi (utilizzati a scopo di senso o altro motivo). La riflessione pastorale di fronte a questo si domanda: come favorire in questo contesto l’integrazione tra fede e vita (cultura) e quindi la maturità di fede? Come deve rapportarsi agli altri “sistemi culturali” che fondano la cultura di base? A quali condizione avviene il processo di inculturazione?

L’intero processo si realizza completamente a tre livelli: incarnare il vangelo nelle diverse culture cioè: permettere al Vangelo di esprimersi attraverso di esse, o arrivare alla profondità di esse [inculturazione del vangelo];  evangelizzare le culture cioè: purificare, elevare e trasformare le culture perchè si arricchiscano del mistero della salvezza che avviene nella storia [evangelizzazione delle culture]; rileggere il Vangelo con le culture cioè: scoprire nuovi aspetti della profondità del mistero della rivelazione [acculturazione  del vangelo].

 

cf. DOWNLOAD slides
articolo L. Meddi, Cultura e catechesi: un rapporto naturale, in Currò S. (a cura di), Alterità e catechesi, Elledici, Torino 2003, 51-67.

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