Raccontare la fede in un contesto di nuova evangelizzazione

raccontarePer realizzare la NE si richiedono pratiche legate al processo missionario: la evangelizzazione della cultura e la inculturazione della fede. Più che una sfida, infatti, la cultura è una opportunità o via della NE. La pastorale di NE ha come obiettivo di permettere a ogni generazione di accogliere il Seme della Parola in nuove forme o stili; di abilitare all’esercizio della vita cristiana; di attivare processi di autoformazione e apprendimento; di collegare esperienze di base come modelli per ciascuno.

Cosa distingue una pratica pastorale di Nuova Evangelizzazione (=NE)? Si riconosce essenzialmente dalla preoccupazione di creare o ricreare un consenso attorno alla proposta del Vangelo a partire dal concreto esercizio di libertà del destinatario.

Tutto questo avviene per l’azione dello Spirito. È anche necessaria la testimonianza della comunità. Ma è anche organizzazione o servizio pastorale che si realizza secondo un progetto attraverso processi missionari. Il termine processo sottolinea l’insieme delle azioni che permettono la realizzazione di un obiettivo. Molte di queste azioni vengono dal passato e appartengono alla tradizione pastorale, altre sono nuove, tutte sono rinnovate a partire dall’incontro tra tradizione e innovazione; tra passato e modernità.

Ci sembra utile descrive l’insieme del compito di raccontare la vita cristiana in 5 gruppi di pratiche.

Il primo gruppo riguarda i verbi “Comunicare. Trasmettere, mass-mediare, pubblicizzare e narrare la fede”. Il termine “trasmettere” mette in evidenza il “compito” che la chiesa sente di avere. Ha ricevuto un messaggio e lo deve “conservare”, “tramandare”, “consegnare” intatto di generazione in generazione. Il termine “comunicare” sottolinea che questo compito avviene in un tempo di grande trasformazione di questa dimensione umana. Il tutto può esser descritto come “potere del telecomando”. Il telecomando è nelle mani del destinatario della comunicazione. Questo genera la difficoltà comunicativa della maggior parte delle istituzioni: famiglia, scuola, chiese, partiti, sistemi sociali. Il contesto plurale, inoltre, chiede non solo di tramettere o annunciare la fede ma di pubblicizzarla catturando il consenso dei potenziali acquirenti. Pubblicizzare è una azione complessa. Il prodotto è acquistato per la forza di convincimento della presentazione. Deve rispondere ad un bisogno della persona, deve essere sponsorizzato da “testimonials” convincenti, deve rappresentare un vantaggio sociale per chi acquista. Tutto questo sta portando ogni comunicazione di successo a scegliere la via della narrazione. Narrare ha per contenuto una storia concerta e raccontare indica che la storia è stata vissuta proprio dal narratore. La narrazione permette una facile identificazione dell’ascoltatore e una sua più facile adesione alla proposta.

Il secondo gruppo riguarda i verbi Accompagnare e sostenere il processo intrapsichico della conversione”. Accanto alla descrizione del processo della offerta (comunicazione come trasmissione), occorre riflettere e tenere in grande conto la descrizione del processo interno alla persona, quello che porta alla sua decisione. Possiamo chiamare questo processo: interiorizzazione o integrazione del messaggio nella struttura di personalità. O processo di acculturazione. Questo avviene ad alcune condizioni: conoscersi, guarire le ferite interiori, riqualificare le rappresentazioni religiose, e richiede alla missione di aiutare e sostenere il cambio di vita e la integrazione del vangelo nei vissuti. Tutto questo avviene progressivamente e non senza apprensione da parte della persona.

Il terzo gruppo di azioni riguarda la Relazione. NE significa spesso ricostruire una comunicazione venuta meno. La pragmatica comunicativa ha sottolineato la complementarietà e la differenza dei ruoli comunicativi. Perché ci sia trasmissione di messaggio, infatti, occorre che ci siano due attori: l’emittente e il ricevente. E questo avviene in uno scambio di ruoli continuo. Questo è possibile se ci si scambia, parallelamente, reciproca fiducia e compromissione. La comunicazione autentica implica, infatti, una apertura di sè alla realtà dell’altro.

Non meno importanti sono le azioni (quarto gruppo) che tendono a Condividere e Costruire luoghi di Chiesa. Sempre più si afferma l’importanza del piccolo gruppo come luogo formativo e immagine di chiesa, luogo di comunicazione e identificazione per il personale progetto di vita, e non solo come strumento momentaneo. Molti autori parlano di una nascita, infanzia, adolescenza e maturità della vita di una piccola comunità. Il primo passaggio ha come obiettivo raggiungere la aggregazione cioè la scelta di stare insieme per un certo tempo con una determinata finalità. Segue lo sviluppo dell’appartenenza: la situazione in cui le persone allargano volutamente i propri confini in modo tale che l’altro possa abitare in parte la storia del compagno di viaggio (e viceversa). Infine la coesione e capacità di elaborare progetti, di aderire alla vita e alla missione della comunità; questo è possibile in virtù del raggiungimento del clima di fiducia e libertà nella relazione tra i membri.

Forse la vera novità nelle pratiche di evangelizzazione sta nel rispettare i Processi Formativi. Formare, cioè Insegnare e (aiutare ad) apprendere, è infatti il quinto gruppo di verbi e azioni missionarie. A tale proposito occorre ricordare che la pedagogia ha sentito la necessità di integrare il processo pedagogico dell’insegnamento con quello dell’apprendimento. Questa espressione sottolinea il ruolo attivo della persona nella trasformazione di se stessa. Mette in evidenza le altre dimensioni del comprendere: desiderare e sperimentare. L’apprendimento o assimilazione di un messaggio ha bisogno di un motivo o interesse dentro la persona. Avviene come sperimentazione e ricerca della soluzione o comprensione della verità del messaggio.

Per raccontare e far entrare le Nuove Generazioni (=NG) nel racconto della fede occorre “Far correre la Parola” (Card. Martini). La Bibbia è la via principale della NE ma spesso essa è un “pane duro”. Il percorso per far parlare la Parola segue due momenti importanti: la comprensione del messaggio e il suo significato per noi oggi. Per far incontrare Bibbia e Cultura è utile fare alla scrittura una serie di domande ovvero una serie di letture progressive. La lettura esistenziale che permette al testo di incontrare la persona nella sua dimensione di vocazione umana. La lettura psicologica per guarire in profondità la persona nella sua complessità biografica. La lettura spirituale per sviluppare le energie interiori e le scelte vocazionali. La lettura socio-politica per illuminare le scelte di salvezza e dare risposte alla situazione di disuguaglianza, di ingiustizia. La lettura pastorale per sostenere il compito missionario delle comunità cristiane.

In sintesi da questo quadro orientativo si può affermare che una pratica di NE debba identificarsi per alcune scelte “di qualità” elaborate comunitariamente nel discernimento pastorale. Le comunità ecclesiali dovranno preoccuparsi sia delle pratiche di socializzazione religiosa sia di percorsi di maturità di fede. Loro preciso compito, infatti, sarà il superamento della dissociazione tra fede, cultura e vita, che richiede una pastorale capace di integrare e sviluppare la personalità cristiana. Molte esperienze mettono in evidenza che tale processo esige una pratica centrata sull’accompagnamento e sostegno della risposta di fede (receptio fidei). Da questo punto di vista il compito prioritario della NE è il rinnovamento dei processi formativi dentro le comunità.

1 commento su “Raccontare la fede in un contesto di nuova evangelizzazione”

  1. Cindividuo…. bella sintesi o quadro di riferimento… (sotteso al cammino dell’Aica x degli ultimi due decenni)..
    pz

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