Povertà strategia missionaria della chiesa italiana?\ i testi

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L’espressione di Francesco I “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!” che il papa ha confidato ai rappresentanti dei media (16 marzo 2013) ha fatto ricordare a molti una delle aspirazioni di parte dei Padri Conciliari e dello Stesso Giovanni XXIII sulla missione da svolgere nella povertà che significa senza gli appoggi politici e in stile di essenzialità di vita. Una espressione che non ha inciso nel ripensamento della vita delle comunità e delle “strategie” missionarie. non solo nella chiesa universale, ma anche nella chiesa italiana.

Nel 2003 i professori della Facoltà Teologica S. Tommaso di Capodimonte, diedero vita ad un convegno dedicato ad approfondire alcune vie della Nuova Evangelizzazione sottolineate dal (recente) documento della Cei “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2001): povertà, bellezza e alterità. Gli atti sono stati raccolti da C. Sarnataro in una preziosa pubblicazione dal titolo “Annuncio del vangelo e percorsi di chiesa” (Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale. Sezione S. Tommaso D’Aquino – Napoli, Napoli 2005). In quella occasione ebbi l’opportunità di studiare i tre termini della riflessione pastorale italiana e quindi le scelte pastorali perseguite in questi anni e che compongono la “via italiana” alla receptio del Concilio. Riporto qui alcune conclusioni.

È stato osservato che queste proposte non rappresentano le scelte pastorali principali del piano pastorale italiano.[1] Una lettura incrociata dei documenti della Cei lo conferma.

Le vie della missione. I documenti italiani non amano utilizzare il termine via per indicare il modello missionario adeguato al nostro tempo. Vivere la fede oggi al n. 10 ci ricorda che non c’è altra via del piano della salvezza se non il Cristo. Per ES n. 32 la salvezza arriva a noi per via sacramentale; ma anche l’evangelizzazione è via ordinaria della trasmissione della fede (n. 45). Per CC 1981 la carità è la via eccellente per edificare la chiesa (n. 61); ma anche il dialogo è via della chiesa (n. 67). Per la Nota dopo Loreto la comunione è la via per la costruzione del regno (n. 23); l’uomo è la via della chiesa per cui essa vuole partecipare senza alcuna pretesa di dominio alla costruzione della storia del Paese (n. 36). Per ETC “la carità è dunque via privilegiata per la “nuova evangelizzazione”.” (Presentazione); ricorda che la via indicata dal papa a Loreto è stata “la coscienza della verità e l’impegno a realizzarla nell’amore” (n. 8); che la “carità, cuore del vangelo è via maestra” (n. 9; espressioni simili ai nn. 10.20);” la caduta delle ideologie totalizzanti e perciò chiuse al dialogo, la crisi – almeno teorica – del soggettivismo, l’insostenibilità pratica dell’individualismo, così come la crescente domanda etica nella vita personale e sociale, economica e politica aprono la via per instaurare un sincero dialogo con le varie forme di cultura” (n. 35). CVMC apre la sua riflessione ricordando che la via di Cristo è la kènosis (n. 4); le vie di Gesù sono segnate dalla bellezza e dall’impegno (n. 13); Gesù nella sua missione “segue l’unica traiettoria capace di fare breccia nella nostra sordità, di parlare realmente al nostro cuore: la via della kènosis, dell’abbassamento, dell’umiliazione” (n. 14 ripetuto al n. 63); Gesù è la via per la pienezza della vita (passim: 22.25); nella conclusione insiste con chiarezza: “Anche la Chiesa, allora, non potrà seguire altra via che quella della kènosis per rivelare al mondo il Servo del Signore, l’Agnello di Dio che porta i peccati del mondo” (n. 63) e ancora: “È questa la via che porta alla fecondità: la Chiesa umile e serva, che scende accanto agli uomini..” (n. 64)

La via della povertà. I testi maggiori del magistero della Cei conoscono poco il luogo conciliare LG 8. Vivere la fede oggi al n. 10 lo cita in riferimento alla parte della necessità di svolgere la missione tra le tribolazione; ES al n. 2 per indicare complessivamente la qualità del “rinnovamento” necessario alla chiesa in se stessa e nello stile della missione. CC 60 cita LG 8 in riferimento alla purificazione della chiesa. ETC usa la citazione al n. 47. Il termine viene ripreso decisamente solo da CVMC al n. 8.

Formalmente il termine “chiesa povera” non compare mai. Nel citato CC n. 60 troviamo il concetto della chiesa che sempre riconosce la propria povertà e il suo bisogno di purificazione. In un testo di ETC (n. 47) troviamo una espressione simile: poco prima di utilizzare l’espressione “chiesa dei poveri” il documento invita la chiesa italiana nella sua opera evangelizzatrice a fare proprio lo stile di umiltà e abnegazione del Signore e riconosce nei poveri e nei sofferenti la sua immagine (cf. LG 8; cf. anche GS 88). Maggiori sono invece i luoghi dove la chiesa è invitata a farsi carico dei poveri e delle nuove povertà. ETC (ai nn. 39.42.43.47.48) e la Nota dopo Palermo (ai nn. 25 2 34) conoscono il termine amore “preferenziale per i poveri”. Come indicato, CVMC utilizza con una certa enfasi l’affermazione che la via della missione ecclesiale è la via della kènosis (nn. 4.14.63-64).

La via della alterità. Più complessa può essere l’analisi del concetto “alterità”. Il termine è presente una sola volta in CVMC n. 37 e non senza qualche percezione di difesa della propria identità proprio in riferimento alla alterità e al pluralismo culturale in cui viviamo. Nello stesso luogo ( e solo lì) troviamo il termine “prossimità” che potrebbe integrare il concetto nel senso della apertura alla prossimità. Pochi sono anche i luoghi in cui si parla dell’importanza “dell’altro”. Forse il concetto può essere indagato attraverso i termini riferiti al tema dell’inculturazione. Tuttavia i testi consultati utilizzano poche volte il sintagma “adattamento”: tre volte in ES ai nn. 1.73.81. Maggiore utilizzo ha il termine “incarnazione” sia in senso teologico che teologico-pastorale (soprattutto in CVMC). Poca presenza (2 volte) e di poca rilevanza il termine “inculturazione”.

La via della bellezza. Per CC n.1 la missione della chiesa riguarda la “bellezza delle realtà” a cui il piano fa riferimento; e al n. 48 l’unità intraecclesiale frutto della comunione è definita allo stesso modo. Per ETC 45 la pastorale giovanile deve far scoprire che la proposta cristiana porta a pienezza ogni spinta verso il bello. Ma è soprattutto CVMC che utilizza il termine: per indicare il senso pieno della missione creatrice affidata all’uomo (n. 11); fare il volere del Signore è condizione della vita bella (n. 12); le “vie” di Gesù sono belle!” (n. 13); il suo messaggio in parabole fa comprendere la vita come bellezza (n. 21). La vita cristiana è bella e degna di essere vissuta (n. 25); la liturgia deve essere semplice e bella (n. 49); anche ai fanciulli va annunciato “il Vangelo della vita buona, bella e beata che i cristiani possono vivere sulle tracce del Signore Gesù” (57).

L’analisi compiuta ci porta ad afferma che CVMC rappresenti, dal punto di vista di questa indagine, una vera e propria novità. Si potrebbe affermare che il documento voglia tornare a riflettere sulla “qualità” della vita ecclesiale perché la chiesa, soggetto della missione, può essere significativa nel suo annuncio se vive ciò che annuncia. È questo un effetto del ritorno al primato del Vangelo e della persona di Cristo nella missione richiamato dalla Novo Millennio Ineunte (2000) di Giovanni Paolo II. Questa ipotesi è confermata anche da una veloce analisi linguistica. Il termine “verità” (termine chiave nella strategia missionaria dopo il 1985) subisce una progressiva diminuzione: dai 22 utilizzi di Nota dopo Loreto e i 26 di ETC si passa ai 16 di Nota dopo Palermo e ai 9 di CVMC. Lo stesso documento utilizza poco anche il sintagma “insegnare-insegnamento” (5 volte); mai il termine “dottrina”. Questo significa che la Cei sta progressivamente abbandonando il modello di missione proposto con la “svolta veritativa” di Loreto e definito “pastorale della presenza”? significherebbe che questa impostazione si è rivelata di poca importanza ai fini della pastorale missionaria? E come si potrà collegare questa eventuale considerazione con il Progetto culturale italiano?

[Puoi leggere l’intera riflessione Meddi L., Criteri e vie della missione delle comunità cristiane in un mondo che cambia, in Sarnataro C. (a cura di), Annuncio del vangelo e percorsi di chiesa, Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale. Sezione S. Tommaso D’Aquino – Napoli, Napoli 2005, 347-381. QUI]

 

[1] Molto precisa la ricostruzione di PREZZI L., Fantasia della carità. Memoria conciliare e pastorale della Chiesa italiana. La Chiesa dei poveri, in Il Regno Attualità, 2001,8, 245.

 

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