5 Percorsi con adulti: dalla iniziazione alla maturità di fede

4. Percorso per la dimensione profetica nelle Comunità

1. Descrizione della figura

Al culmine del suo cammino di rievangelizzazione e di crescita nella vita cristiana un gruppo o una comunità cristiana parrocchiale raggiunge la sua meta: essere collaboratori della costruzione del Regno di Dio. Questa è la ragione stessa dell’esistenza della comunità. Tale servizio al Regno si manifesta sempre nella testimonianza della paternità di Dio agli esclusi e ai marginalizzati della società ma avviene nei modi più diversi secondo le caratteristiche del territorio e della comunità, la disponibilità di carismi e di ministeri che la compongono. Sempre tuttavia questa missione avviene attraverso l’intera esperienza di vita cristiana: comunità, parola, celebrazione.

 

Nel momento in cui una comunità raggiunge questo livello ha bisogno di un tipo di catechesi che può essere giustamente chiamata “catechesi profetica”. Essa non serve più al primo annuncio o alla adesione della fede o alla formazione della vita cristiana ma proprio al suo esercizio. L’azione della comunità avviene per il concorso di tutte le dimensioni della pastorale, ma la catechesi concorre con la sua capacità profetica ovvero lettura cristiana della realtà.

Quale che sia la figura della comunità attraverso la quale si esprime la capacità profetica, il risultato finale dovrà essere quello di saper vedere e scoprire le necessità del territorio ed essere capace di immedesimarsi nei suoi bisogni onde aiutarne in ogni modo la risoluzione. Occorreranno, per questo, capacità e volontà di amore, di ascolto e comprensione, nonché competenza; occorrerà altresì considerare l’opportunità di evitare azioni vicarie, ma di far crescere le coscienze in modo che ogni soluzione sia scoperta e realizzata all’interno del territorio stesso.

La comunità è abilitata al suo compito mediante una catechesi che provochi un cammino progressivo e continuo attraverso il quale raggiungere una sapienza con la quale valutare le situazioni e le persone e una competenza biblica che permetta di radicare nella vita la storia e la parola di Dio, in modo di saper leggere i segni dei tempi e qualificare la propria azione profetica.

Segni dei tempi è la categoria “teologico-pastorale” che il Concilio, sulla linea di Giovanni XXIII, ha utilizzato per indicare questa attività della chiesa (cf. GS 11 e 4). Questa azione è complessiva della pastorale ma avviene se la comunità educa se stessa (catechesi) proprio a saper leggere e riconoscere tali segni.

Così di volta in volta, nella piccola comunità o nella assemblea parrocchiale, la lettura dei Segni dei Tempi (SdT) avverrà attraverso l’ascolto e la meditazione sapienziale delle grandi categorie della Parola di Dio.

La Parola compresa chiede per sua natura di essere celebrata perché la comunità sia resa abile a condividere la costruzione del Regno come pure dei rapporti equilibrati e fraterni con le persone con le quali si viene in contatto ed è quindi il momento di gioia, di affettuosa, grande fratellanza ed è l’atto della lode, del ringraziamento e della ricarica.

Attraverso la celebrazione lo Spirito è accolto con un grado di disponibilità al nuovo e al diverso che rende permeabili all’azione ispiratrice di Dio. Ciò avviene soprattutto se la Parola ci ha riempiti al punto da aver chiaro, in ogni momento, quasi istintivamente, ciò che è più orientato al Regno. In una comunità cristiana profetica, si riconosce la circolazione dello Spirito se essa è aperta e accogliente, non solo al suo interno, ma verso tutta l’umanità, a cominciare dai più prossimi. Se lo Spirito è ben accolto, la testimonianza della fede, e quindi anche la capacità profetica, è quasi automatica e si rende evidente ed efficace all’esterno.

L’opera di trasformazione e conversione delle strutture territoriali, politiche e sociali è ciò che è richiesto da tutti i documenti della Chiesa ai fedeli laici ed è la pratica azione di costruzione del Regno. Essa ha, in termini simbolici, lo stesso effetto dei miracoli che Gesù ha compiuto nel corso della sua predicazione. Questi sono, infatti, i segni che veramente il Regno di Dio è già in mezzo a noi anche se, ad un’osservazione superficiale e lontana dalla fede, ciò non appare. Anche l’azione di testimonianza è quindi strettamente collegata con la catechesi profetica.

Tutte queste azioni, ed altre ancora, possono essere realizzate in tempi distinti, a seconda le necessità, oppure essere caratteristica precipua della comunità, attraverso la quale si rende evidente all’esterno la profezia. Secondo la nostra esperienza la capacità profetica si esprime soprattutto nei momenti del discernimento comunitario. I luoghi in cui si svolgono queste analisi e si prendono le opportune decisioni sono quindi il Consiglio pastorale in stretta relazione con l’Assemblea pastorale. È nell’Assemblea che convergono l’insieme dei gruppi e delle realtà che partecipano della missione ecclesiale. Tuttavia questo percorso si offre anche per quelle realtà diocesane (movimenti e associazioni) che partecipano della missione della chiesa in diretto collegamento con il compito di moderazione pastorale proprio del vescovo. Anche in questi contesti crediamo utile una riflessione sulla dimensione profetica della vita cristiana.

Da ultimo ci sembra opportuno segnalare che è solo in questa prospettiva che si può realizzare un vero incontro con le forse messianiche che Dio suscita nel territorio ma che, per diversi motivi, non fanne parte esplicita del popolo di Dio. Nel territorio infatti lo Spirito di Dio suscita energie e disponibilità al servizio del Regno ma le comunità parrocchiali troppo spesso non sanno riconoscerle o non hanno criteri per i discernimento adeguato. Una catechesi profetica a servizio dei SdT sarà molto utile per questo scopo.

2. Obiettivi/Competenze

La catechesi, per rendere capace la comunità di svolgere questo compito profetico dovrà sviluppare una serie di competenze e avere almeno questi obiettivi:

  • Abilitare a costruire la comunità. Occorrerà organizzare itinerari che, attraverso piccoli passi e superando l’idea di un corso catechistico, costruiscano un rapporto tra le persone e individuino e facciano nascere una motivazione comune dello stare insieme e un comune modo di vivere la fede. La Scrittura manifesta continuamente che la comunità è chiamata per il servizio al regno di Dio. Questa motivazione andrà esplicitata in modo che sia chiara a tutti e verificata di tanto in tanto perché sia sempre condivisa, verificata e aggiornata nonché fondata su rapporti interpersonali fraterni. Bisognerà alimentare un comune cammino di fede in modo che il cammino del gruppo sia d’aiuto ai singoli cammini delle persone. Per tutto ciò occorrerà progettare itinerari adatti che prevedano la partecipazione attiva di tutti.
  • Abilitare a leggere e interpretare la scrittura. Recuperare o integrare l’alfabetizzazione biblica, creando e incoraggiando un vero amore per la Parola di Dio. Ciò avverrà fornendo gli appropriati strumenti di lettura e di comprensione, aiutando a far compiere alla scrittura tutto il suo percorso vitale dalla lettura all’interpretazione attualizzante, sia personale sia comunitaria, individuando le grandi categorie bibliche (creazione, liberazione, alleanza, esodo, profezia, messianicità, regno, nuova creazione) utilizzandole e attualizzandole per il servizio al Regno nella Chiesa.
  • Abilitare a leggere la vita con l’esperienza biblica. Sia in senso personale che sociale, compiendo per intero il circolo ermeneutico, riconoscendo e valutando i segni dei tempi, individuando i nodi che ostacolano il cammino e impediscono la conversione personale e della comunità e scoprendo i bisogni per la realizzazione delle strutture sociali, politiche e territoriali.
  • Abilitare a interpretare i linguaggi della fede. In modo da riconoscere i germi di essa nei percorsi e nelle situazioni umane, allo scopo di valorizzarle e convertirle. In questa fase sono utili i linguaggi della teologia e della dottrina sociale della chiesa che possono fornire le basi per una competenza umana e missionaria. È tale competenza che fornisce la possibilità ad una comunità cristiana di essere “la città sul monte” rendendo la sua testimonianza credibile e fruibile, perché espressa con segni simbolicamente chiari e con linguaggio comprensibile e adeguato alle situazioni. In poche parole una competenza evangelizzatrice e catechistica.
  • Abilitare all’uso delle scienze umane e sociali. anche con l’aiuto del recente Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e con altri strumenti e con l’aiuto di testi o centri di studio sociale della chiesa o con persone esperte presenti nel territorio, la comunità va educata a capire il territorio acquisendo strumenti propri delle scienze sociali e degli studi progettuali.

3. Esperienze

Nel corso degli itinerari progettati per realizzare gli obiettivi proposti i contenuti dovranno essere affiancati e resi concreti da una serie di esperienze effettivamente vissute dai partecipanti. Tali esperienze saranno legate alle caratteristiche della comunità in costruzione e a quelle dei suoi componenti, ma certamente saranno diverse a seconda se trattasi dell’Assemblea Pastorale o di una comunità ecclesiale di base, la quale è chiaramente più elastica nelle sue attività. Queste esperienze dovranno in ogni modo prevedere:

Esperienze di interiorizzazione della fede. Ritiri e incontri di preghiera periodici, in modo che i partecipanti possano familiarizzarsi con modi corretti ed evoluti di preghiera. Incontri penitenziali e di verifica, molto utili per purificazione personale e la coesione comunitaria.

Incontri gioiosi e di festa nel corso dei quali si sperimenti una fede basata sulla gioia, la coesione comunitaria, l’approfondimento della conoscenza reciproca.

Incontri con persone qualificate nel campo biblico per rendere evidenti i significati globali e storici della Bibbia e sostenere in modo adeguato le esperienze di “lectio divina”. Nel campo teologico per fare letture ed analisi di documenti ecclesiali, abilitando a riconoscere i rispettivi linguaggi e ad eseguire critiche sui testi. Nel campo sociale e politico per ricomprendere questa complessa realtà nella prospettiva del Regno.

Incontri con gruppi ecclesiali specializzati per esempio gruppi “caritas”, gruppi liturgici o di preghiera, per ampliare le prospettive e vivere la comunione diocesana. Incontri con gruppi significativi presenti nel territorio allo scopo di valutare come sia possibile interagire con loro.

Formazione diocesana. Proporre la frequentazione di corsi per il diaconato o per lettorato, servizio catechistico o ministro straordinario dell’eucaristia e altri ministeri. Molto utile è anche l’esperienza della formazione teologica a livello accademico.

4. Nuclei tematici

Abbiamo già detto che una Comunità cristiana che voglia fare un’azione profetica deve avere come ragione d’essere quella di analizzare e interpretare la realtà quotidiana che si svolge attorno ad essa perché si accolga e si realizzi il regno di Dio. Questa è la competenza principale da raggiungere con una catechesi adulta. Per giungere a questo traguardo occorrerà tenere presenti e sviluppare una serie di nuclei tematici. I più importanti e ineludibili sono:

  • Saper leggere la scrittura in modo adulto. Non è una ripetizione ricordare e aiutare a leggere la Scrittura in modo adulto, cioè con tutto il peso della responsabilità e serietà che un adulto pone nel proprio lavoro e nella conduzione della famiglia. Per far questo si vedranno i modi di attualizzazione della Bibbia che la Chiesa propone nei suoi documenti.
  • Interiorizzare i contenuti dell’azione messianica di Cristo: Il concilio Vaticano II afferma che il popolo fedele che forma la Chiesa costituisce il corpo mistico di Cristo (LG 7) e si configura come popolo messianico (LG 9). Lo stesso testo rielabora questa intuizione seguendo l’antica teologia dei Tria Munera e quindi appropriarsi della figura messianica di Cristo nell’essere come Lui, Re, Sacerdote e Profeta, facendo parte di un popolo messianico che ha come capo Cristo (LG 9). Il programma del popolo messianico si legge, come orizzonte, nel Decreto Conciliare Apostolicam Actuositatem, sulla base del quale ogni comunità concreta potrà svolgere la propria azione messianica. Come pure nel capitolo III della Redemptoris Missio. Gia il catechismo italiano Signore da chi andremo (1981) aveva fatto la scelta fondamentale di commentare proprio queste dimensioni battesimali.
  • Il compito messianico della comunità. Occuparsi dei problemi che si agitano intorno a noi, nella nostra famiglia, nella cerchia dei nostri amici, nel nostro ambiente di lavoro, nel quartiere, è in concreto lo svolgersi della missione ecclesiale. S’intende che per far questo occorre farsene carico e chiarire una serie di sottonuclei:Analisi dei bisogni del territorio. Alcuni di questi bisogni saranno evidenti, ma per altri occorrerà investigare e poi non basta conoscere i bisogni, ma occorre progettare le soluzioni possibili e alla nostra portata. In ogni caso sarà sempre necessario intervistare coloro che sono sotto il peso di questi bisogni, che a un osservatore esterno potrebbero sembrare lievi o troppo pesanti. Si rende quindi necessaria una rilettura dei bisogni alla luce delle grandi narrazioni bibliche.Comprensione delle proprie disponibilità e ministerialità. Prima di passare all’azione bisognerà fare un’analisi delle conversioni avvenute e delle abilitazioni necessarie per poter sostenere il servizio a Regno. A volte il compito sarà semplicemente quello di rendere evidente a tutti il nodo da sciogliere perché il Territorio proponga soluzioni e metta in campo le risorse necessarie.
  • Elementi della Dottrina Sociale della Chiesa: Sarà necessario farsi un’idea sufficientemente chiara su ciò che il Magistero della Chiesa ha detto in varie Encicliche. La prima di queste, edita nel 1891, durante la rivoluzione industriale è la Rerum novarum di Leone X prende posizione dinanzi alle grandi trasformazioni sociali in atto. Ripudia il socialismo e il trasferimento della proprietà privata allo stato e denuncia con forza l’ingiustizia sociale. Dopo di lui, Paolo VI firma nel 1967 la Populorum progressio in cui analizza le condizioni della giustizia sociale, affronta i problemi dello sviluppo e i bisogni di popoli, critica il profitto come motore del progresso e parla dello sviluppo umano e dei conflitti tra le civiltà. Nel 1971 esce infine la Octuagesima adveniens che tratta dell’importanza e dei limiti del progresso. Con Giovanni Paolo II vede la luce la Laborem exercens, scritta in occasione del novantesimo anniversario della Rerum Novarum e soprattutto la Sollicitudo rei socialis che esegue un ampio studio del mondo contemporaneo e propone un concetto autentico di sviluppo criticando sia il collettivismo che il capitalismo. A tutto ciò va aggiunto il recente (2004) Compendio delle Dottrina Sociale della Chiesa, del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
  • Introduzione alla visione cristiana della economia. Proprio partendo da una conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa bisogna tentare di instaurare, all’interno della Comunità, un’economia di comunione, in alternativa all’imperante economia del profitto. Non è un cammino facile, ma bisogna contentarsi di ogni piccolo passo che si riesce a fare per aspirare a raggiungere il tipo di economia che, forse idealmente, è descritto per la Comunità dei credenti, negli Atti degli Apostoli al Capitolo 2.
  • Annunciare la pace e collaborare alla salvaguardia del Creato. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace….” Questa eredità di Gesù è una delle più disattese del mondo cristiano. Solo da pochi anni la vecchia Europa, dopo aver insanguinato sé stessa e il mondo, sembra aver ritrovato una certa ragionevolezza e tranquillità, pur se, naturalmente, risente degli odi, dei disastri che ha seminato in tanti secoli passati. La cristianità non è stata esente, nei secoli passati dall’alimentare questa orgia di guerra e di sterminio. Una Comunità Cristiana che abbia riscoperto il messaggio evangelico non può esimersi dal vivere la pace di Cristo al suo interno e svolgere un’azione profetica di annuncio. Questa pace, vissuta ed annunciata agli uomini di buona volontà, va estesa a tutto il creato. Per troppi anni gli uomini, oltre a essere in guerra tra loro, hanno fatto guerra alla natura, distruggendo e rovinando ogni cosa. Oggi sono evidenti le conseguenze di questo dissennato modo di agire e nonostante i pericoli che incombono sopra tutta l’umanità, non sono pochi quelli che ancora preferiscono il proprio profitto alla vita di tutti. L’azione di ogni singola Comunità Cristiana e della Chiesa intera non può prescindere da un’azione educatrice sulla strada di una sana ecologia basata su criteri scientifici che possa porre ordine e risanare quanto più è possibile.
  • Sostenere la vita in ogni sua espressione. Il fatto che il cristiano abbia fede nel fatto che la vita non finisce sulla terra, ma continua in un modo tanto misterioso quanto glorioso, non deve far disprezzare la vita terrena, dato che è in questa vita che abbiamo la possibilità di costruire il Regno. Gesù afferma che la sua missione è perché l’umanità “abbia la vita e l’abbia in abbondanza”, indicando con ciò l’importanza sia dell’esistenza che della qualità di essa. Come conciliare questo desiderio di Dio con la realtà di non rispetto della vita in tutti i suoi momenti e forme (dalla nascita alla morte)? Come accettare che più dei due terzi dell’umanità viva di una vita precaria e di qualità più che scadente? Anche queste sono domande proprie di una vera programmazione pastorale delle comunità. Sostegno concreto, azione culturale e politico-sociale da promuovere nascono proprio da una lettura profetica della realtà.
  • Convertirsi e celebrare il Vangelo del Regno. Anche la catechesi di comunità è integrata con tutto il resto della vita pastorale. La riflessione profetica porta alla conversione concreta verso il Regno. È una conversione continua, in quanto non si riferisce alla opzione iniziale al Vangelo ma alle sue concrete richieste. Alla conversione non può che seguire una modalità di celebrazione legata alla missione concreta della comunità ecclesiale. Attraverso di essa la comunità (soggetto di missione) riceve la epiclesi necessaria per realizzare il suo compito missionario; la comunità manifesta e annuncia il progetto di Dio per il Territorio (azione profetica); in quanto azione liturgica loda e ringrazia per la parresia ricevuta; ed è già invio per la costruzione del regno di Dio.

5. Indicazioni per la comunicazione

Occorrerà far tesoro di tutte le strategie per la conduzione dei gruppi. L’animatore deve favorire la comunicazione interpersonale moderando quelli che parlano troppo e incoraggiando i silenziosi. Occorrerà prestare molta attenzione alla posizione degli animatori in seno ai gruppi, in quanto ogni animatore dovrà permettere che spontaneamente nascano leaders tra i partecipanti. Il ruolo del leader non si confonde con quello dell’animatore, il quale, nel gruppo, mantiene una posizione di guida. Per questo occorre fare attenzione ai processi decisionali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci »
Torna in alto