Età della confermazione e obiettivi missionari

Cresima-giovaneQuando si pone la questione della età (meglio sarebbe dire: della collocazione nella progressione personale) della celebrazione della confermazione si hanno reazioni quasi sempre violente o denigratorie. Questo mi ha portato ad approfondire le motivazioni per cui si sceglie una impostazione di un catecumenato crismale oppure il suo contrario.

A detta di tutti la questione in gioco è la missionarietà della pastorale. Siamo d’accordo. La pastorale che si è sviluppata in Italia dal 1986 in poi vuole essere missionaria. Gli equivoci che l’espressione ha portato (voluti e non voluti) hanno comportato due conseguenze: la perdita della dimensione evangelizzante a vantaggio del recupero dottrinale della pastorale e l’impostazione di “riconquista” o “ritorno a casa” dei battezzati. Al momento opportuno a questa scelta “missionaria” è stato dato il nome più adeguato: Nuova Evangelizzazione.

A servizio di “questa” missionarietà si sono sviluppati i progetti successivi: la svolta catecumenale e i progetti di “comunicazione della fede”.

Al centro di questa pastorale missionaria c’è la convinzione che la cultura contemporanea sia causa della desertificazione spirituale. In conseguenza la pastorale sarà essenzialmente apologetica, di presenza, anticulturale. In modo particolare la “sfida educativa” consisterà nel recupero della funzione trasmissiva della cultura cattolica sopratutto nella fase della socializzazione primaria e scolare. Le persone, infatti, devono essere difese dalla cultura. La catechesi si è piegata a questa linea socializzante (dare tutto subito e creare appartenenza sub-culturale) nobilitando l’operazione con ambigue teorie teologiche sulla “necessità” del riordino dei sacramenti della IC dei ragazzi.

Per questo obiettivo non c’è bisogno di “rimandare la cresima”. Per una IC popolare non c’è neppure bisogno di tante innovazioni! In fondo basta una buona “prima comunione”!

I “fallimenti” del modello della ICR secondo la Guida del 2001 esplicitati con coraggio dalla inchiesta di Brescia ma già presenti (a ben vedere) dai risultati della “improvvisata” e “affrettata” chiusura delle sperimentazioni, derivano da questa semplice evidenza. Se la catechesi non incontra le Nuove Generazioni in modo organico e sistemico nel momento della loro produzione di senso e rielaborazione personale della cultura ricevuta (adolescenza), si autocondanna alla probabile espulsione dalla vita dei giovani.

Suo compito non può essere solo terminare il prima possibile la IC perchè come suggeriva il Card. Ruini ai parroci di Roma “tutti sanno che i bambini sono più impressionabili” (espressione che chiarisce il senso che egli aveva di “missione”); ma accompagnare la riformulazione e la sperimentazione della tradizione cristiana degli adolescenti stessi.

Senza questa “coraggiosa” svolta pastorale non potranno decollare le altre prospettive missionarie: lo sviluppo di personalità cristiane capaci di trasformare la società, la testimonianza delle chiese locali, lo sviluppo delle ministerialità necessarie alle comunità parrocchiali, la pastorale vocazione, …

In una espressione: la formazione di discepoli-missionari.

 

Approfondimenti in:

Per una visione di sintesi della proposta di ICR in prospettiva educativa, vedi Meddi L., L’itinerario formativo per la iniziazione cristiana dei ragazzi, in Aa.Vv., in Iniziazione cristiana per i nativi digitali. Orientamenti socio-pedagogici e catechistici, Paoline, Milano 2012, 149-175.

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