Primo annuncio. Bilancio della ricerca

L. Meddi, Il Primo Annuncio. Questione di narrazioni e racconti, Elledici, Torino 2019

  • Si è diffusa l’idea che il problema della Nuova Evangelizzazione (NE) sia solo la modalità di presentare il messaggio cristiano. Per questo l’accento viene messo sull’annunciare, sull’ardore missionario. Il dibattito e la pratica missionaria mettono in evidenza, al contrario, che il problema è l’annuncio stesso, il suo significato.
  • Un uso affrettato e non riflesso dell’espressione Primo Annuncio genera l’attuale situazione di semplificazione missionaria di tutto il processo di Evangelizzazione-azione. L’Evangelizzazione infatti è compito ecclesiale che si realizza e porta il suo frutto rispettando tutte le sue dimensioni: testimonianza, dialogo culturale, condivisione dello sviluppo umano… Soprattutto che essa, l’Evangelizzazione della Chiesa, segue e non precede quella di Dio-Trinità.
  • L’Evangelizzazione della Chiesa inizia quando essa riconosce che il primo e vero evangelizzatore è Dio. La prima preoccupazione è Sua!, non della Chiesa. Quando interviene, la Chiesa scopre, riconosce, accoglie, rilancia, fa comprendere e serve il processo di Evangelizzazione che Dio sta realizzando dalla fondazione del mondo.
  • L’Evangelizzazione è simile alla sceneggiatura di un film. Il copione descrive le parole degli attori, ma soprattutto descrive lo sviluppo di una storia: personaggi, azioni, sentimenti, passaggi, svolte. In modo particolare descrive l’esito, la promessa, la salvezza. Il Primo Annuncio corrisponde alle parole dei protagonisti, l’esito e la promessa sono riassunte nel Kerygma. L’Evangelizzazione è la descrizione dell’insieme del processo: la sceneggiatura, il racconto o narrazione. Il suo compito è dare senso all’insieme.

Il grande racconto della fede che sembra essere in crisi riguarda il senso della Morte e Risurrezione di Gesù! È necessaria una nuova narrazione del Mistero Pasquale? Confidiamo nella riflessione di Benedetto XVI che dopo aver tentato in tutti i modi di contenere lo spirito giovanneo dell’aggiornamento, proprio su questo tema sente il bisogno di andare oltre la prospettiva della semplice ri-spiegazione della fede ed aprire profondamente al tema della inculturazione.

  • Il Primo Annuncio proprio per questo è fondamentalmente interpretazione fondamentale della fede in Gesù di Nazaret, cioè del Kerygma. Si faccia attenzione che il Kerygma è sostantivo plurale; una semplificazione nell’uso di questa parola può chiudere il cuore, invece che aprirlo all’azione di Dio.
  • La narrazione cristiana sembra essere in crisi profonda, è anch’essa uno dei grandi racconti che non interessano più gli uomini del nostro mondo occidentale. Si crede che di notte ci sia qualcuno che sistematicamente elimini il prodotto “religione” negli scaffali dei centri commerciali… Ma forse è la storia del film che non interessa più; forse la pubblicità non è convincente; forse le persone hanno cambiato esigenze e hanno altri problemi.
  • La crisi dell’annuncio è esplosa nel XIX secolo, un tempo molto difficile per la Chiesa caratterizzato dalla progressiva separazione tra religione e cultura. In verità la Chiesa non si accorse che il rifiuto non riguardava Dio ma il suo linguaggio dottrinale che impediva di rendere significativo il Vangelo; non si accorse che non era tanto la Cultura a rifiutare la Chiesa quanto essa stessa che si allontanava da lei.
  • Se la rivelazione prima di essere una proprietà della Chiesa è una azione che Dio suscita in diverse culture, allora bisogna avere il coraggio di affermare che l’importanza e la funzione principale della rivelazione scritta (la Bibbia), di cui la Chiesa è custode ed ermeneuta, sia il ruolo ri-capitolativo e non sostitutivo… Con la conseguenza che il Primo Annuncio avrà il compito di ripensare la presentazione del Mistero Pasquale in modo che includa il ministero messianico di Gesù e le altre manifestazioni dell’agire dello Spirito nel mondo. L’esperienza pastorale e la teologia del XX secolo fanno emergere nuove narrazioni, cioè interpretazioni fondamentali del Kerygma utili per la Evangelizzazione.
  • La narrazione messianica: la vocazione, la formazione nel deserto, la predicazione, la inaugurazione del regno di Dio, la costituzione di fraternità solidali con i poveri, la realizzazione di segni prodigiosi che testimoniano l’amore di Dio, la polemica con le false teologie del Tempio, fino alla provocazione dell’ingresso messianico a Gerusalemme, la scelta di donarsi totalmente alla volontà di Dio, la sua piena trasformazione e trasfigurazione nella risurrezione.
  • La narrazione spirituale permette la crescita nella vita nuova che consiste nella morte dell’io egoico. Lasciando operare lo Spirito trasformiamo l’acqua in vino, veniamo dissetati, iniziamo a rinascere perché lasciamo zampillare il suo Spirito in noi; cresciamo nella liberazione spirituale mangiando cioè nutrendoci dell’esperienza spirituale di Gesù, quella esperienza che produce risurrezione, l’acquisizione di una vista nuova sulla realtà frutto della guarigione degli occhi che è la illuminazione-rivelazione e che produce il passaggio dalla morte spirituale alla vita spirituale.
  • La narrazione psico-Spirituale entra nel cuore della persona per purificare le cattive socializzazioni anche religiose; sostenere la guarigione delle ombre spirituali e integrare tutta la vita nella prospettiva del Vangelo di Gesù. È una narrazione mistica, centrata sul processo di conversione profonda i cui punti essenziali possono essere così descritti: aiutare a conoscere il proprio stile di vita; comprenderne gli esiti vicini e futuri; confrontarli con l’esperienza di fede di Gesù; individuare il cambiamento da realizzare; inculturare le espressioni nella tradizione cristiana.
  • La narrazione secolare e a-religiosa ricorda che evangelizzare Gesù significa anzitutto presentarlo nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio…Egli appare come “l’Uomo perfetto”, che “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo”. “Nessun uomo ha mai parlato come parla costui”, con autorità, con libertà e dolcezza, indicando le vie dell’amore, della giustizia, della sincerità.
  • La pratica di pastorale Kerygmatica, infine, chiede di rinnovare il modo di narrare; in modo particolare la sintassi cioè il modo di far dialogare l’annuncio e le diverse persone e situazioni umane attraverso la pedagogia del narrare e raccontare organizzata secondo cinque passaggi: la coscientizzazione della propria matrice culturale, l’analisi del rapporto tra la propria dimensione culturale e il proprio vissuto, l’approfondimento critico di tale vissuto, il confronto con le fonti della fede cristiana, la rielaborazione anche linguistica della propria fede.

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