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Il concilio secondo J. Ratzinger
Incontro con i Parroci e il Clero della Diocesi di Roma, Benedetto XVI, 14 febbraio 2013
In questo discorso “a braccio” e senza appunti al clero romano, durato 50 minuti, il Papa svolge una sintesi della sua visione del cammino conciliare, dei suoi punti di forza e della debolezza della receptio divulgata dai media, causa di molti mali. Ne riporto una sintesi delle espressioni più incisive e un rimando dell’intero testo.
Il discorso si presenta come un racconto con una introduzione piena di speranza e una delusione finale.
il Papa inizia dicendo “Allora, noi siamo andati al Concilio non solo con gioia, ma con entusiasmo. C’era un’aspettativa incredibile. Speravamo che tutto si rinnovasse, che venisse veramente una nuova Pentecoste, una nuova era della Chiesa, perché la Chiesa era ancora abbastanza robusta in quel tempo, la prassi domenicale ancora buona, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa erano già un po’ ridotte, ma ancora sufficienti. Tuttavia, si sentiva che la Chiesa non andava avanti, si riduceva, che sembrava piuttosto una realtà del passato e non la portatrice del futuro. E in quel momento, speravamo che questa relazione si rinnovasse, cambiasse; che la Chiesa fosse di nuovo forza del domani e forza dell’oggi. E sapevamo che la relazione tra la Chiesa e il periodo moderno, fin dall’inizio, era un po’ contrastante, cominciando con l’errore della Chiesa nel caso di Galileo Galilei; si pensava di correggere questo inizio sbagliato e di trovare di nuovo l’unione tra la Chiesa e le forze migliori del mondo, per aprire il futuro dell’umanità, per aprire il vero progresso. Così, eravamo pieni di speranza, di entusiasmo, e anche di volontà di fare la nostra parte per questa cosa
I francesi ed i tedeschi avevano diversi interessi in comune, anche con sfumature abbastanza diverse. La prima, iniziale, semplice – apparentemente semplice – intenzione era la riforma della liturgia, che era già cominciata con Pio XII, il quale aveva già riformato la Settimana Santa; la seconda, l’ecclesiologia; la terza, la Parola di Dio, la Rivelazione; e, infine, anche l’ecumenismo. I francesi, molto più che i tedeschi, avevano ancora il problema di trattare la situazione delle relazioni tra la Chiesa e il mondo”
E conclude affermando: ” Vorrei adesso aggiungere ancora un terzo punto: c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media. … all’interno delle categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, con un’ermeneutica diversa. Era un’ermeneutica politica: per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa.
Era ovvio che i media prendessero posizione per quella parte che a loro appariva quella più confacente con il loro mondo. C’erano quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i Vescovi e poi, tramite la parola “Popolo di Dio”, il potere del popolo, dei laici. C’era questa triplice questione: il potere del Papa, poi trasferito al potere dei Vescovi e al potere di tutti, sovranità popolare.
Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata … e il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale”.
Ne emerge una lettura di ciò che deve essere inteso come necessario per il futuro del cristianesimo. La centralità del mistero pasquale da cui derivare la chiesa, corpo di mistico e popolo di Dio perchè in comunione con Lui; la rivelazione che va intesa in stretto rapporto con la tradizione; le conseguenze per il rapporto chiesa mondo, chiesa e libertà, chiesa e religioni. il futuro del cristianesimo sta proprio in queste discussioni.
Non mi sembra invece corretto affermare che altre interpretazioni del vaticano II e riflessioni sul futuro del cristianesimo siano solo “chiacchiericcio” mass-mediale. la stragrande parte di tali riflessioni sono indicazioni della grande teologia del XX secolo che non è facile marginalizzare e tenere nascosta.
Sintesi delle espressioni più significative
Testo completo
Una pastorale attiva della fede
Praticare la fede. Dalla pastorale in contesto di fede alla pastorale per la conversione alla fede. Per una pastorale dinamica.
Intervento Al Seminario organizzato dall’Ufficio Nazionale per la Cooperazione delle Chiese . Missio e il Cum di Verona a Santiago del Cile per i Missionari Italiani.
Mi è stato affidato un intervento di natura teologico pastorale e possiamo dire che il tema in fondo è una lettura pastorale della fede, una riflessione pastorale sulla fede. Il punto di origine di questo intervento nasce dalla presa di coscienza che anche nella pastorale missionaria molto spesso l’azione missionaria nasce o da una base di fede già acquisita o da una base di religiosità già presente nella gente, nelle culture, popoli che si incontrano. E quindi quasi indirettamente si entra in un modello di pastorale della fede che presuppone la fede stessa e che di conseguenza si organizza per rendere più forte, rinvigorire rinnovare, rinsaldare, mettere in pratica… quasi a dire che si continua il modello delle missioni popolari dopo il Concilio di Trento. Questa realtà, questa base in realtà quasi oramai è del tutto scomparsa. Si tratta quindi di impostare una pastorale della fede che abbia cioè non come punto di partenza la fede ma come punto di arrivo. Nella mia riflessione ho articolato questo in tre passaggi.
1_Pastorale della fede che viene annunciata; 2_pastorale della fede che viene accolta, assimilata, interiorizzata; 3_ pastorale della fede che diventa agire da cristiani nella realtà quotidiana
Evangelizzare con gioia!
Motivi di speranza della Nuova Evangelizzazione
Intervento di don Luciano Meddi
ai Padri Cappuccini di Via Veneto
20 dicembre 2012
Temi
•Premessa: missione, evangelizzazione e nuova evangelizzazione
•La gioia dell’evangelizzatore
•Resistenze al vangelo
•Un nuovo racconto?
•Vie vecchie e nuove
puoi scaricare le slides della conferenza
Credere in Gesù Cristo. Introduzione all'anno della fede
Intervento al Convegno pastorale della diocesi Cerreto-Telese-Sant’Agata dei Goti

La chiesa evangelizza «evangelizzando» se stessa. Il cammino di fedeltà al Vangelo è continuo e ogni generazione deve evangelizzare il proprio tempo e la propria cultura.
Anche attraverso la testimonianza. ma soprattutto cercando capire i segni dei tempi
Viviamo quindi un tempo di Nuova Evangelizzazione riscoprendo e «riadeguando» la nostra fede.
Benedetto XVI ci invita a celebrare un «anno della fede» perché «Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato» (Porta Fidei, n. 2).
Un un «anno della fede» in cui «terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,2) in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza» (PF., n. 13).
Temi
1. l’esperienza religiosa di Gesù di Nazareth
2. credere in Gesù Cristo
3. suscitare la fede: le forme dell’annuncio
4. far crescere la fede: le conversioni pastorali